In un paese che pretende di definirsi democratico, un sistema elettorale per le politiche dovrebbe essere il più chiaro e trasparente possibile, in modo da consentire all'elettore di un collegio di esprimere la propria preferenza per un determinato partito e/o per un determinato candidato associato al partito scelto.

Alcuni esempi: proporzionale, collegi uninominali, collegi uninominali con il doppio turno.

Invece, in Italia, alle politiche si vota tramite il cosiddetto rosatellum, la legge elettorale curata dall'attuale presidente di Italia Viva Ettore Rosato.

Questo è un riassunto della formula elettorale valida per entrambe le camere:

il 37% dei seggi (147 alla Camera e 74 al Senato) è assegnato con un sistema maggioritario a turno unico in altrettanti collegi uninominali: in ciascun collegio è eletto il candidato più votato, secondo il sistema noto come uninominale secco;il 61% dei seggi (rispettivamente 245 e 122) è ripartito proporzionalmente tra le coalizioni e le singole liste che abbiano superato le previste soglie di sbarramento nazionali; la ripartizione dei seggi è effettuata a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato; a tale scopo sono istituiti collegi plurinominali nei quali le liste si presentano sotto forma di liste bloccate di candidati;il 2% dei seggi (8 deputati e 4 senatori) è destinato al voto degli italiani residenti all'estero e viene assegnato con un sistema proporzionale che prevede il voto di preferenza.
La legge elettorale prevede che ogni lista presenti un proprio programma e dichiari un proprio capo politico nonché, eventualmente, l'apparentamento con una o più liste al fine di creare coalizioni: l'esistenza di una coalizione, che è unica a livello nazionale, vincola le liste coalizzate a presentare un solo candidato in ciascun collegio uninominale. Sono previste diverse soglie di sbarramento, ossia percentuali di voti al di sotto delle quali non si viene ammessi alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali:

  • 3% dei voti ottenuti a livello nazionale; valida per le liste singole;
  • 20% dei voti ottenuti a livello regionale; valida, alternativamente e solo al Senato, per le liste singole;
  • 20% dei voti ottenuti a livello regionale, o elezione di due candidati nei collegi uninominali; valida, alternativamente, per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute presentate esclusivamente nelle regioni a statuto speciale in cui sia prevista una particolare tutela di tali minoranze;
  • 10% dei voti ottenuti a livello nazionale; valida per le coalizioni, purché comprendano almeno una lista che abbia superato una delle altre tre soglie previste.

Alla determinazione della cifra elettorale di coalizione (e dunque all'eventuale raggiungimento del 10%) non concorrono i voti espressi a favore delle liste collegate che non abbiano conseguito almeno l'1% dei voti a livello nazionale, oppure, solo per quanto riguarda il Senato, il 20% a livello regionale, oppure ancora, solo per quanto riguarda le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute presentate esclusivamente nelle regioni a statuto speciale in cui sia prevista una particolare tutela di tali minoranze, il 20% a livello regionale o l'elezione di due candidati nei collegi uninominali.Le liste collegate in una coalizione che non raggiunga la soglia del 10% sono comunque ammesse al riparto dei seggi qualora abbiano superato, a seconda dei casi, almeno una delle altre soglie previste.
I partiti o i gruppi politici organizzati possono presentarsi (così alla Camera come al Senato) come lista singola o in coalizione unica a livello nazionale.I partiti in coalizione presentano candidati unitari nei collegi uninominali (specifica previsione è posta per i partiti o i gruppi politici organizzati rappresentativi di minoranze linguistiche).Nei collegi plurinominali ciascuna lista è composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine numerico: il numero dei candidati della lista non può essere inferiore alla metà, con arrotondamento all'unità superiore, dei seggi assegnati al collegio plurinominale (e comunque non inferiore a 2), né può essere superiore al limite massimo di seggi assegnati al collegio plurinominale (e comunque non superiore a 4). In tal modo, con l'intento di superare le censure della Corte costituzionale alla legge Calderoli si prevede che i candidati nei collegi plurinominali proporzionali siano di fatto indicati in liste corte (appunto tra i 2 e i 4 nominativi) in modo da essere singolarmente riconoscibili dall'elettore.Non è prevista l'espressione di voti di preferenza, cosicché nei collegi plurinominali, determinato il numero degli eletti che spettano a ciascuna lista, i candidati vengono eletti secondo l'ordine fissato al momento della presentazione della lista stessa.

La legge prevede la possibilità di candidarsi in più collegi plurinominali, fino a cinque, eventualmente in congiunzione alla candidatura in un collegio uninominale. 

Sinceramente, c'è qualcuno che in questo guazzabuglio può capirci qualcosa? Nelle trasmissioni tv, sempre più spesso si sentono ripetere, più volte concetti elementari, con la spiegazione che c'è gente che non capisce e bisogna spiegare bene. Nonostante ciò, si pretende che la stessa gente che non capisce delle banalità possa invece votare consapevolmente un partito o un candidato che lo governi per cinque anni tramite il "rosatellum".

È vero. Tale guazzabuglio è stato però sintetizzato in una scheda elettorale. E allora vediamola:

La scheda elettorale, unica per la quota maggioritaria e proporzionale, ricorda, almeno graficamente, quella usata per le elezioni amministrative nei comuni oltre i 15.000 abitanti.L'elettore potrà esprimere il proprio voto in tre modi differenti:

  1. tracciando un segno sul simbolo di una lista: in questo caso il voto si estende al candidato nel collegio uninominale che quella lista sostiene;
  2. tracciando un segno sul simbolo di una lista e sul nome del candidato del collegio uninominale da questa sostenuto: il risultato è uguale in pratica a quello descritto sopra;
  3. tracciando un segno solo sul nome del candidato del collegio uninominale (senza indicare alcuna lista): in questo caso, il voto vale per il candidato nel collegio e inoltre si estende in automatico alla lista che lo sostiene. Se quel candidato è però collegato a più liste (in coalizione), il voto viene diviso proporzionalmente tra queste, in base ai voti che ognuna ha complessivamente ottenuto nel singolo collegio in questione.
    Non è inoltre ammesso, pena l'annullamento della scheda, il voto disgiunto: l'elettore non potrà quindi votare contemporaneamente per un candidato di un collegio e, nel proporzionale, per una lista a lui non collegata.


Ma allora è tutto molto semplice. Sarà... Nella scorsa legislatura, il lombardo Salvini è stato eletto in un collegio calabrese (vale solo come esempio, perché può essere riproposto per decine e decine di persone); per formare un governo è trascorso quasi un mese; si sono succeduti tre diversi governi; i gruppi parlamentari di inizio legislatura si sono decuplicati con deputati e senatori che sono rimbalzati dagli uni agli altri senza soluzione di continuità.

Quindi, chi deciderà di andare a votare per le prossime politiche avrà l'assoluta certezza che quanto accaduto in precedenza si ripeterà ugualmente, salvo che i protagonisti saranno diversi.

L'unica garanzia è che coloro che sono protagonisti di tale disastro, dopo aver pontificato in tv le loro infinite e assiomatiche capacità continueranno a ricevere un lautissimo stipendio per rendere immutabile lo scenario appena riassunto, magari con un'altra legge elettorale, ma sempre pensata per garantirsi un seggio, ma non per garantire un vera rappresentanza agli elettori.