Per gli estremisti di destra al governo e per la propaganda mediatica a supporto, la manifestazione del 7 ottobre che vede impegnata in prima fila la Cgil ha una connotazione tutta politica, perché la manovra finanziaria del governo, probabilmente, verrà annunciata una settimana dopo (il 15 ottobre è il termine per l'invio a Bruxelles) e per tale motivo sarebbe una protesta a scatola chiusa e, di conseguenza, fuori luogo.

Ma perché dover attendere i contenuti di una finanziaria, quando il governo Meloni ha già fatto di tutto per giustificare manifestazioni e proteste, come ha ricordato e spiegato lo stesso segretario della Cgil, Maurizio Landini, in una intervista rilasciata domenica al Corriere?

«I diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione sono oggi tutti messi in discussione: il lavoro è precario e sotto pagato; il diritto alla salute e alla cura e allo studio non sono più garantiti; la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro peggiora; si nega la crisi climatica e si aumentano le spese per armi anziché essere costruttori di pace e si vuole stravolgere la Carta con l'autonomia differenziata e il presidenzialismo. È il momento di dire basta e indicare una via maestra fondata sulla giustizia sociale e la partecipazione democratica. Qui non si delinea solo una crisi economica ma anche democratica e di credibilità».«Il governo ha fatto due cose che danno il senso di dove sta portando il Paese. Da un lato, taglia il reddito di cittadinanza a famiglie povere e non offre un percorso di occupazione e scarica sui Comuni. Dall'altra parte, fa votare in Parlamento una legge delega fiscale che va nella direzione opposta di quello di cui questo Paese ha bisogno: con un'evasione fiscale tra i 90 e i 100 miliardi, si continuano a fare condoni, addirittura senza più sanzioni amministrative né penali per chi evade. E da ultimo il ministro Salvini, in un Paese in cui il 50% degli italiani non arriva a fine mese, non trova di meglio che togliere il tetto dei 240 mila euro allo stipendio dei manager. Un'idea di Paese così non è accettabile, bisogna ribellarsi. Inoltre il governo ha tagliato la possibilità di investimenti, senza discuterne con nessuno: dall'Europa avevamo un'opportunità , ma sono stati cancellati quasi 16 miliardi di investimenti e non si capisce come possano essere recuperati. L'Italia ha bisogno più di altri di investimenti e nuove politiche industriali per una vera transizione ambientale ed energetica».«Tutti questi interventi li sta facendo escludendo dal confronto le organizzazioni sindacali confederali del nostro Paese. Noi siamo quelli che rappresentano chi paga le tasse e tiene in piedi questo Paese e sulle riforme di fondo non siamo coinvolti e le decisioni vengono assunte senza alcun confronto. Al contrario il governo continua a chiamare a “tavoli finti” organizzazioni sindacali senza alcuna rappresentanza ma solo firmatarie di contratti pirata. Alle piattaforme unitarie presentate - pensioni, fisco, salute, precarietà e una legge sulla non autosufficienza - il governo non sta rispondendo. Così nei fatti il governo non riconosce il ruolo e la rappresentatività del mondo del lavoro».«Le riforme necessarie per combattere le disuguaglianze, ma anche quelle come la riforma fiscale e quella del lavoro per dire basta alla precarietà. Bisogna cambiare le leggi sbagliate fatte negli ultimi 20 anni. C'è un'emergenza salariale grande come una casa: quando uno è povero pur lavorando significa che c'è qualcosa che non funziona. La riforma fiscale serve quindi a combattere l'evasione, a colpire la rendita finanziaria e la rendita immobiliare e a tassare gli extra-profitti per finanziare la sanità e la scuola pubbliche e per ridurre la tassazione al lavoro dipendente e ai pensionati: tutto questo non si sta facendo».«Quella del 7 ottobre non è la manifestazione della Cgil, ma di oltre 100 associazioni del Paese che vogliono dire basta e proporre temi per un cambiamento, ed è aperta a tutti, chi vorrà esserci è benvenuto. Non è una manifestazione di semplice protesta, ma chiede di applicare la nostra Costituzione per dare un futuro al nostro Paese, con cambiamenti concreti: basta precarietà, più salari, rinnovo dei contratti nazionali, fissazione di una quota oraria minima quale salario minimo e una legge sulla rappresentanza che dia validità generale ai contenuti salariali e normativi dei contratti nazionali. E una riforma fiscale degna di questo nome. Applicare la Costituzione per unire l'Italia e non per dividerla. Non è più il momento di stare a guardare. Ma il 7 ottobre è solo l'inizio. Perché se non vedremo questi cambiamenti nella prossima legge di Bilancio, la mobilitazione sarà generale. In settembre faremo una consultazione straordinaria tra lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati e giovani cui chiederemo cosa pensano delle nostre proposte e se sono disposti a sostenerle con noi, fino allo sciopero».«... Il governo ha vinto le elezioni ma non ha la maggioranza del Paese, ha preso 12 milioni e mezzo di voti e ce ne sono 18 milioni che a votare non sono andati: pensare che avendo vinto le elezioni uno può fare ciò che vuole senza alcuna mediazione sociale, non è democrazia».

La propaganda mediatica del (post) fascismo si è naturalmente fatta venire il mal di pancia per il richiamo di Landini alla necessità di ribellarsi all'idea di Paese promossa dal governo Meloni. La ribellione intesa da Landini, però, è nei limiti della legge e nel rispetto dei diritti/doveri garantiti dalla Costituzione, tramite una resistenza non violenta a delle leggi ritenute ingiuste.

Il guaio è che in Italia, tutto è diventato simbolico. Lo sciopero è simbolico... dura al massimo 8 ore e comunque chi lo fa tornerà a lavorare come prima e alle stesse condizioni di prima. Idem per le manifestazioni. In piazza possono scendere anche milioni di persone, ma dopo qualche ora se ne torneranno a casa e, come per le aziende nell'esempio precedente, anche il governo e i suoi ministri se ne fregheranno (in questo caso il politicamente corretto si può mettere da parte) della protesta e continueranno ad andare avanti perseguendo i loro interessi, senza neppure farsi venire qualche dubbio se siano o meno giusti e utili.

Come la rappresentatività elettorale è ormai solo simbolica, lo è diventata anche la protesta. Ma se chi è al potere agisce in nome del più evidente "me ne frego" perché chi ha ragioni da vendere per protestare non dovrebbe fare altrettanto?