Alla ribalta delle cronache prende spesso posto il termine “Anarchia”, per fatti o persone che in qualche modo si legano a questo termine. Alcuni dizionari accostano l’anarchia al disordine e al caos, ed essendo essa una dottrina sociale e politica viene anche accostata a disorganizzazione e ingovernabilità. Un modo piuttosto comune di dire è «Rispettiamo le regole perché qui non siamo in anarchia!», quando si cerca di richiamare all’ordine qualcuno.

Ma se l’anarchia è così negativa perché mai ci sarebbero persone che si professano anarchiche? Ovvero anarchiste, per essere più corretti.

Il lato oscuro dell’anarchismo sarebbe il negare categoricamente qualunque forma di potere costituito, quindi negare lo Stato, la necessità di un governo, la rappresentanza dei cittadini e le regole imposte dall’alto. Tale negazione sembra assurda e sconcertante, anche perché non è mai esistita alcuna ideologia priva di una forma desiderabile di governo, e regole altrettanto precise. Così, ad esempio, Il comunismo, il socialismo, il liberalismo, il repubblicanesimo, e ogni altra forma ideologica sociale o politica.

Ma sarebbe intanto sbagliato definire l’anarchismo come ideologia, essendo piuttosto una filosofia; e subito dopo sciocco ritenere di poterla buttar via solo perché si presenta come unica voce fuori dal coro. Eppure è così: la mancanza di un’organizzazione di governo, o una qualunque gerarchia, sono alla base dei pregiudizi che subisce un anarchico.

Quasi sempre l’anarchia è associata anche ad anomia, assenza di leggi e diritto, benché questo non sia affatto corretto. L’anarchico fa discendere il diritto dai principi etici, alle quali si ispirano le leggi che tutti già osserviamo. Ma a fianco delle poche leggi derivate dall’etica, esistono poi migliaia di norme che per l’anarchico non sono assolutamente necessarie e minano violentemente la libertà dell’uomo, che è massima espressione di se stesso e va prioritariamente riconquistata.

Non farò la lista di intellettuali e artisti famosi e brillanti che, senza timore, si sono definiti anarchici o simpatizzanti, ma pensate ad esempio a De Andrè piuttosto che Tolstoj. Costoro ne hanno promosso anche il pensiero. E si tratta di riflessioni così vivaci e in continua evoluzione da aver prodotto numerose correnti che rendono tale filosofia tanto interessante quanto acerba: abbiamo l’anarco comunismo, l’utilitarismo libertario, il mutualismo anarchico, l’egoismo etico, e così via. Al netto di frange violente che qui non interessano affatto, e che purtroppo sono presenti in qualunque sistema di pensiero.

Si dice anche che nessuna teoria anarchica si sarebbe posta il problema della “legge del più forte”, ossia una gerarchia tossica che si costituirebbe dopo aver abolito ogni altro tipo di gerarchia. Tuttavia, non si sono posti tale problema perché evidentemente non esiste. Pare illogico, infatti, che si possa costituire un sistema del più forte all’interno di una filosofia che detesta e lotta proprio contro l’autoritarismo. Inoltre, i principi etici sui quali si vorrebbe edificare anche la più rigorosa delle correnti anarchiche, impediscono qualunque forma di coercizione e violenza.

Manca però la materia prima: l’essere umano pronto!

Ogni buon proposito si scontra sempre con questo limite temporale, che è naturale tanto quanto lo scopo libertario dell’anarchia, e si chiama evoluzione. Quel cammino scandito da prove ed errori di cui l’uomo pare non poter fare proprio a meno.

Nell’ampio universo di riflessioni, proposte e teorie del mondo anarchico, non si rinvengono piani credibili di transizione, riferibili all’oggi naturalmente. Se non la teoria dell’imitazione, della spontaneità, dell’armonia che tra esseri umani si manifesterebbe per effetto delle condizioni “idilliache” euforizzate dal ritorno alla libertà naturale.

Questa è senz’altro una delle parti deboli (acerbe, dicevo sopra) dell’anarchismo, che lascia intravedere la coincidenza della piena realizzazione filosofica con quella della perfezione dell’uomo. E capite cosa io mi stia spingendo a dire: anarchia come perfezione! Molto ardito, ma ne sono prudentemente convinto.

Capirete bene che avverrebbe già domani. Se l’uomo abbandonasse tutti i propri egoismi tossici iniziando a rispettare i propri simili, considerandoli come fa con sé stesso, non sarebbe ovviamente necessaria alcuna guida per esso. Saprebbe come fare, come darsi regole e non insultare fisicamente o moralmente gli altri, come vivere libero senza minacciare la libertà degli altri. E la consapevolezza del bene assoluto lo porrebbe anche in uno stato permanente di solidarietà effettiva, e non verbale, verso gli altri.

A questo sicuramente si arriverà, Non è utopia; ma è lontanissimo. Ed è praticamente lo stesso obiettivo che probabilmente agogna un anarchico (correggetemi se sbaglio). Proprio per questo ritengo che le teorie anarchiche siano di preminente importanza e vadano studiate a fondo e con serietà, poiché c’è davvero tanto materiale interessante su cui riflettere. Per contro, è detestabile ogni forma di discriminazione contro una filosofia che evidentemente non si conosce nemmeno alla lontanissima.