L'esercito siriano ha ripreso il controllo di Daraa da dove nel 2011 iniziarono le proteste che portarono alla guerra civile
Venerdì, le forze governative siriane hanno ripreso il controllo della città di Daraa, nel sud della Siria, con la bandiera nazionale siriana issata nella piazza principale della città, vicino alla moschea dove ebbero luogo le prime manifestazioni anti-governative nel marzo del 2011. È da Daraa, infatti, che iniziò nel marzo del 2011 la protesta, dopo l’arresto e la tortura di alcuni studenti che avevano scritto sui muri della loro scuola alcuni graffiti anti-governativi, che ha portato in Siria ad una guerra civile che ha causato finora più di 500.000 vittime, oltre 12 milioni di rifugiati (tra sfollati interni e quelli all’estero) e un Paese quasi interamente distrutto.
Decine di migliaia di civili sono i civili sfollati da Daraa a Quneitra, al confine con le alture del Golan. I bisogni umanitari tra gli sfollati sono enormi, come riporta Save the Children. Mancano tende e materassi, acqua pulita, cibo e assistenza sanitaria.
Esposti a temperature fino ai 45 gradi, molti bambini sono già morti a causa della disidratazione, di insolazioni o punture di scorpione, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite.
«Lo sfollamento a cui abbiamo assistito dopo le violenze che si sono abbattute su Dera’a nelle ultime settimane è il più ingente da quando è iniziato il conflitto sette anni fa. Alcuni bambini sono ancora intrappolati in aree di combattimento intenso, e decine di migliaia di famiglie hanno bisogno urgente di aiuti salvavita - ha dichiarato Caroline Anning, Advocacy Manager per la Siria di Save the Children. -
Decine di migliaia di famiglie sfollate sono disperse in zone di confine dove non ci sono nemmeno gli alberi per potersi proteggere dal sole cocente. I nostri partner impegnati nella distribuzione dei primi aiuti sono testimoni di una situazione spaventosa e della disperazione dei genitori.
È di vitale importanza che le parti in conflitto e i paesi confinanti facilitino l’accesso degli aiuti umanitari attraverso le frontiere e i fronti di combattimento, si impegnino a proteggere i civili e gli operatori umanitari e pongano fine agli attacchi devastanti sulle aree e sulle infrastrutture civili come scuole e ospedali.»