L'aforisma attribuito ad Oscar Wilde, "meglio tacere e dare l’impressione di essere stupidi, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio", si adatta alla perfezione a Matteo Renzi. Peccato per lui che non ne abbia finora fatto tesoro. 

L'ossessione per il senatore semplice Renzi di far ricorso, con puntualità ed ostinazione, alla mezza verità o alla spudorata menzogna, tanto da dare anche l'impressione di essere persino stupido, è così frequente da far ritenere che, a questo punto, più che l'abitudine di un politico, la sua sia la patologia di un paziente.

Ma non solo Matteo Renzi è (spesso) bugiardo, ma nella sua disperata rincorsa alla menzogna riesce pure ad esagerare, accusando anche i suoi avversari (chiunque non la pensi come lui o chiunque non lo assecondi) di non dire la verità.

Naturalmente, contravvenendo per l'ennesima volta alla promessa di tacere, Renzi anche oggi ha straparlato, ovviamente dicendo una serie di falsità o mezze verità come suo solito.

Ecco quello che ha scritto su Facebook:

"Oggi però mi sta a cuore per onestà intellettuale dire grazie a quelli che ci hanno aiutato a fare il JobsAct. Eravamo al punto più basso, grazie a quella riforma abbiamo cambiato segno e direzione. 
Non siamo tutti uguali in politica: c’è chi fa aumentare lo spread e c’è chi fa aumentare l’occupazione. Il tempo lo chiarirà sempre di più: la verità è più forte delle fakenews."


Se Renzi avesse letto con più attenzione i dati dell'Istat allora avrebbe visto che l'occupazione è sì in crescita di 64mila unità rispetto a marzo, ma dalla ripartizione del dato, si scopre che questo è favorito dalla ripresa del lavoro indipendente (+60mila) e da quella del lavoro a termine (+41 mila).

Invece, nonostante gli incentivi dell'ultima legge di bilancio, i lavoratori permanenti, da lui sempre impropriamente indicati come a tempo indeterminato, sono in calo di ben 37mila unità. E per questo dovremmo ringraziare il Jobs Act, come afferma lui? Ma qualcuno glielo ha fatto presente che il lavoro a tempo determinato esisteva già prima del Jobs Act?

Non solo, l'occupazione sui 12 mesi, sempre secondo l'Istat, su base annua aumenta del +0,9%, pari a +215mila unità, ma la crescita è relativa esclusivamente ai lavoratori a termine (+329mila), mentre diminuiscono i permanenti (-112mila), con gli indipendenti che rimangono stabili.

E Matteo Renzi si congratula per la sua riforma del lavoro... che ha prodotto questi risultati.

C'è di più. Se invece di affermare di essere socialista a parole, lo fosse anche nei fatti, andrebbe almeno a leggere o ad informarsi presso le rappresentanze sindacali di area, vedi Cgil, che misericordiosamente gli farebbero presente che aumentare i "lavoretti" non è proprio la stessa cosa che aumentare i posti di "lavoro".

Per capirne la differenza, ecco l'introduzione di una ricerca pubblicata dalla Fondazione Di Vittorio nel marzo di quest'anno:


"Nel quarto trimestre 2017, le ore lavorate (dati conti economici ISTAT) sono ancora inferiori del 5,8% rispetto al primo trimestre del 2008 e le unità di lavoro sono il 4,7% in meno sempre relativamente allo stesso periodo. Si tratta di -667 milioni di ore lavorate e di quasi 1,2 milioni di Unità di Lavoro in meno rispetto al primo trimestre 2008.

Questo, nonostante l’occupazione attuale si sia molto avvicinata a quella del 2008 e che anche la CIG sia tornata sui livelli di tale anno (scontando, va ricordato, le norme legislative più restrittive adottate).

Nell’Unione europea a 15, lo scarto fra occupati e ore lavorate è particolarmente consistente per l’Italia. Questo andamento è legato al peggioramento della qualità dell’occupazione italiana.

Fra il 2013 e il 2017 (microdati forze lavoro, ISTAT) aumentano fortemente i part-time involontari e, soprattutto negli ultimi due anni, le assunzioni a tempo determinato, portando l’area del disagio (attività lavorativa di carattere temporaneo oppure a part time involontario) a superare il record di 4 milioni e 571 mila persone, la più alta dall’inizio delle nostre rilevazioni.

Non solo, un’analisi più approfondita delle assunzioni a tempo determinato (INPS, Osservatorio Precariato), dimostra un peggioramento di questa condizione di lavoro già precaria: aumenta anche fra questi lavoratori il part time (+55% fra il 2015 e il 2017).

Continua a crescere il numero di dipendenti con contratti di durata fino a 6 mesi, che sono passati da meno di 1 milione nel 2013 a più di 1,4 milioni nel 2017 (dati EUROSTAT, primi tre trimestri di ciascun anno).

E’ evidente, quindi, che il numero totale degli occupati, pur importante, rappresenta un’immagine molto parziale della condizione del lavoro in Italia.

La qualità di questa occupazione è in progressivo e consistente peggioramento, e questo spiega l’insoddisfazione sia sulle condizioni attuali che rispetto al futuro, non solo di chi è disoccupato, ma anche di chi ha un lavoro.

E’ evidente dai dati, che la quantità e qualità della ripresa non è in grado di generare quantità e qualità dell’occupazione adeguata, con una maggioranza di imprese che scommette prevalentemente su un futuro a breve e su competizione di costo; così come, le attuali norme legislative che regolano il MdL incidono in modo negativo sulla qualità del lavoro.

Sono dati di cui occorre tener conto e sui quali è necessario intervenire."


Ed invece di maledire la sua riforma del lavoro, Matteo Renzi si compiace della sua porcata, accusando gli altri di dire menzogne!