Nel Partito Democratico, l'unica analisi finora condivisibile dopo il risultato del 4 marzo - in base a quanto finora dichiarato dai dirigenti di quel partito - è l'ammissione di aver perso e di aver perso ben oltre quelle che erano le previsioni.
Quello che però ancora non si è sentito, perché non è stato detto, è almeno un pur vago accenno al motivo o ai motivi reali per cui il Pd abbia perso così tanti elettori. Un esempio?
Questa l'analisi di Piero Fassino: «Abbiamo sottovalutato l’impatto emotivo del fenomeno migratorio. Poi, abbiamo messo in campo riforme importanti e giuste su scuola e lavoro, che sono state però spesso percepite come perdita di tutele e diritti. Non basta che una riforma abbia obiettivi giusti, perché sia riconosciuta giusta dai suoi destinatari. Una riforma va gestita nel rapporto quotidiano con i cittadini. Ma per farlo serve un partito radicato, mentre in questi anni il Pd ha conosciuto un forte infragilimento del rapporto con società e territori».
E per capire ancor meglio la logica delle persone a cui il Partito Democratico si è affidato e si è fatto promuovere, può essere interessante leggere una dichiarazione di Riccardo Illy, candidato a Trieste come indipendente e non eletto, rilasciata in una intervista a Repubblica, in merito a quali siano le priorità per il Paese: «Direi tre: cambiare la Costituzione per abolire il bicameralismo perfetto, una nuova legge elettorale in cui la governabilità prevalga sulla rappresentatività e alcune riforme economiche che rafforzino la crescita. Poi si potrebbe tornare al voto».
Da quel che si può capire, in entrambi i casi emerge evidente che il Pd non sia in grado di voler capire - o di essere in grado di farlo - i propri errori.
Prendiamo ciò che ha detto Fassino. Le riforme su scuola e lavoro, dice lui, sono state importanti e giuste. Il problema di quelle riforme? È che la loro "bontà" non è stata capita dagli elettori perché il Pd non è stato in grado di spiegargliela perché sul territorio non è presente... ha perso il contatto con gli elettori... con quella che una volta veniva definita la "base".
In pratica, Fassino ha detto che gli elettori, non in grado di intendere e di volere, non hanno avuto modo di apprezzare gli effetti benefici delle riforme targate Pd perché i politici del Pd non glieli hanno spiegati di persona. Oppure, vi è un'altra interpretazione, forse più vicina alla realtà. Gli elettori, in questo caso da considerarsi in grado d'intendere e di volere, hanno capito benissimo che le riforme del Pd erano in realtà delle controriforme, ma l'assenza dei politici del partito non ha permesso di contrattare con la base elettorale una "merce" di scambio che potesse convincerla a continuare a votare Pd, nonostante tutto.
In ogni caso, qualunque sia l'interpretazione corretta da dare alle parole di Fassino, è evidente che non ha detto l'unica cosa che invece avrebbe dovuto dire: le riforme di Renzi sono state delle riforme sbagliate e, per tale motivo, siamo stati giustamente puniti dagli elettori. Se si nega, per volontà o incapacità d'intendere, una cosa tanto evidente, quanto banale, va da sé che il Partito Democratico può celebrare mille congressi e altrettante direzioni nazionali... ma è tutto inutile, perché sarebbe in ogni caso destinato alla scomparsa... anche se a prenderne la tessera, oltre che al ministro Calenda e a Oliviero Toscani, foss'anche Gesù!
E a scavare la fossa al partito ci sono anche le dichiarazioni di Illy. A parte l'accenno a vaghe riforme economiche, l'ex sindaco di Trieste parla della necessità di cambiare, di nuovo, la legge elettorale e la Costituzione eliminando il bicameralismo perfetto.
Una sola domanda sarebbe da rivolgere a Illy. Qualcuno, in questa campagna elettorale, ha accennato a come vorrebbe cambiare la legge elettorale e a come voler riformare la Costituzione? No. Però, secondo lui i parlamentari eletti, compresi quelli del Pd, dovrebbero farlo in base a non si sa bene quale criterio e a quale mandato.
È anche questa arroganza, peraltro comune a molte altre forze politiche, che ha contribuito al tracollo elettorale del Partito Democratico e, nonostante ciò, non c'è alcun segno che ciò sia stato compreso.