E con il numero 7... Roberto Pruzzo. C’è stato un tempo in cui le squadre di calcio giocavano con le maglie rigorosamente numerate dalla 1 del portiere alla 11 della seconda punta. La 2 era del terzino destro, la 3 del terzino sinistro, la 4 del mediano, la 5 dello stopper (che marcava il centravanti avversario), la 6 del libero, la 7 dell’ala destra, la 8 della mezzala, la 9 del centravanti, la 10 del genio e la 11 del secondo attaccante o ala sinistra.
In quel calcio giocava il bomber per eccellenza della storia del football italiano: Roberto Pruzzo, cresciuto nel Genoa ed affermatosi nella Roma, con la quale vinse tre volte la classifica marcatori negli anni ’80.
Ovviamente lui era un centravanti e la sua maglia di appartenenza era la mitica numero 9. Ma in quella Roma, Pruzzo ebbe come allenatore Nils Liedholm, uno che faceva della scaramanzia uno dei suoi cavalli di battaglia. E così accadde che ad Avellino, il 19 dicembre del 1982, terz’ultima giornata del girone di andata del campionato 1982-83, che poi la Roma avrebbe vinto, Pruzzo scese in campo con un’insolita (per lui) maglia numero 7, con la 9 che venne indossata da Iorio (che invece alternava la 7 e la 11 con B.Conti).
La motivazione ufficiale di Liedholm fu che con questo stratagemma voleva allentare la pressione sul bomber, che non segnava da quasi un mese. E per convincerlo, prima della gara, gli disse anche: “Così diventerai ancora più forte”. Ma la realtà era un’altra: il famoso Mago Maggi di Busto Arsizio, del quale Liedholm si fidava ciecamente, gli aveva detto che quel giorno Pruzzo, per rendere al massimo, avrebbe dovuto mettere quel numero e non il suo abituale 9. Ma il bomber non strusciò un pallone, giocò malvolentieri con il 7 e la Roma pareggiò 1-1.
Dalla domenica dopo Pruzzo tornò a indossare il 9 e non lo tolse più per tutto il resto della sua carriera. La magia non aveva funzionato e anche Liedholm se ne era accorto.