Appena arrivato ad Avellino, il signor Juary Jorge dos Santos Filho è disorientato, quasi infastidito. Poi cambia. Va ad abitare a Mercogliano, precisamente in via Stanislao Sibilia. In serie A la squadra parte da -5 in classifica, che in 30 partite e con 2 punti a vittoria sono un macigno. Lui parla un comprensibile italiano e in campo si muove decisamente bene, segna e l’Avellino prende un buon ritmo.
Fino a quella maledetta sera del 23 novembre 1980. E il terremoto sconvolge tutti.

All ‘Avellino sembra mancare la forza. Non solo, manca lo stadio. Si va a giocare due volte a Napoli e crollano le presenze. Ma lei Juary pensa solo al calcio? “No, voglio finire giurisprudenza, mi mancano 2 anni. Poi voglio adottare un bambino e averne uno mio”. Ma quanto vale adesso Juary se l’Avellino l’ha acquistata quasi 600 milioni ? “Non valgo nemmeno mille lire, sono sempre il carioca figlio di un impiegato povero. La mia sposa Marcia mi chiama Jujù, i mie compagni di squadra mi hanno insegnato le prime parole d’italiano, mentre Marcia parla 7 lingue”.

Altri sogni? “Sdrammatizzare il calcio, questo gioco in cui diamo spettacolo. Non dobbiamo pensare troppo ai soldi, ma ad amare la nostra professione di calciatore. Ad Avellino ho trovato, amici, fratelli. Se la società si trovasse in difficoltà, giocherei anche gratis. E poi basta pareggi 0-0 e 1-1. Siete sicuri che chi paga per vederci vuole per forza il risultato e non le sconfitte 5-4 ?”

Sembra incredibile, folle, inventato, ma poche ore dopo questa intervista al Corriere della Sera, l’Avellino va a Udine e perde esattamente per 5-4. Lui sigla un’amara doppietta e torna in Irpinia : “Con Marcia stiamo sempre in casa, poco cinema o ristorante. Qualche mattina vado a vedere quelli che vivono nelle tende dopo il terremoto e prego per loro. Il calcio è un gioco, ma la vita vera è nelle tendopoli. Vorrei aiutare di più, i gol aiutano poco. Ho visto un bambino orfano a Serino. E ogni tanto ho la crisi: capita a quelli buoni che tengono dentro tutto senza sfogarsi mai. L’altra volta mi è venuta l’angoscia per il terremoto e non dormivo più. Ogni rumore un brivido, rivivendo quel boato, la fuga da casa senza sapere dove e quella montagna che copre una macchina con una ragazza dentro”. Juary la risolve col Catanzaro. L’Avellino rialza la testa, resta in carreggiata, poi accelera. Complimenti Juary per il premio “Top11 inverno”, ma ora se le arrivano richieste di mercato ? “Mi piace la Juve e poi è bianconera come il Santos”. Ha sentito la proposta di bloccare le retrocessioni per il terremoto? “ Non mi piace. E se non gioco per la salvezza, che sono venuto a fare ad Avellino?”

Ma nel prestigioso pareggio con l’Inter a San Siro s’infortuna al ginocchio. Poi l’Avellino strappa un altro bel pari in casa della Roma capolista . Scusi Liedholm, come ha visto l’Avellino: “Se ci fosse stato Juary, avremmo potuto perderla”.
Il campionato di Juary è finito, ma lui è ugualmente scatenato : dalla radio privata in cui tiene un programma musicale, saluta i bambini dell’Alta Irpinia. E con l’aiuto di Stefano Tacconi c’è pronta una sorpresa: in un cinema di Atripalda organizzano una festa di carnevale per i bambini delle zone terremotate. Gli ospiti saranno calciatori, cantanti e maghi. Una mattina Juary deve salutare, perché ha deciso di andare qualche giorno in Brasile in attesa dell’intervento chirurgico. Ma c’è un problema : non si può muovere, la casa è circondata.
Ci sono i bambini, che provano a dimostrargli tutto l’amore dell’Irpinia.

L’Avellino batte il Torino 3-0 senza di lui e dal Brasile arriva un telegramma: “Anche senza il mio apporto la squadra ben figura. Il campionato è ancora lungo e difficile e la salvezza va conquistata tappa per tappa. Dal Brasile, io credo nella permanenza dell’Avellino in A”.
Aveva ragione e timbrerà anche la salvezza dell’anno successivo, danzando intorno alla bandierina.
Poi dovrà partire, ma tornerà. Juary torna sempre in Irpinia perché è la sua casa .
E buon compleanno.

(fonte: interviste a Giuliano Albani e Franco Melli, Corsera – Il Giornale)