Quella del titolo è ormai l’unica reale intenzione dichiarata dal mondo islamico, la minaccia ricorrente: la distruzione dell’Occidente e la conseguente fondazione dello Sato islamico.

La Palestina è ormai soltanto il pretesto per alimentare la guerra santa, l’alibi per continuare a fomentare le folle e sollevarle contro gli infedeli; non esiste più l’Intifada che rivendica i territori e l’esistenza di uno Stato palestinese indipendente e riconosciuto, ma soltanto una Jihad che ha come obiettivo la conquista dell’Occidente. Non è più una questione tra Palestina e Israele, o almeno non solo, ma tra mondo mussulmano e mondo cristiano, identificato tale non solo dalla religione ma anche dalle sue radici.

Senza fare dietrologia né facile demagogia storica, dobbiamo ricordare che l’unica pace possibile tra Israele e Palestina si stava realizzando 30 anni fa con gli accordi di Oslo, nei quali entrambi i protagonisti del conflitto, ognuno dei quali fin lì colpevole a suo modo, si impegnavano a fare un passo indietro: l’ormai anziano Arafat, che con l’età aveva forse capito che non si può odiare per tutta la vita,, rinunciava al “terrorismo” come strumento di pressione, e il moderato Rabin prometteva la restituzione di terre indebitamente occupate; ma gli estremisti di entrambi le parti ne impedirono, e forse ne impediranno sempre, la realizzazione.

Negli ultimi anni, però, l’unico riferimento è sempre e sempre e solo alla guerra santa, ovvero l'annientamento "sanguinoso" del mondo cristiano (religione, storia, valori) per istituire lo Stato islamico: è una vera e propria guerra culturale, ma cruenta e feroce, non geo politica; e purtroppo i palestinesi ci stanno in mezzo; le loro ragioni sono ormai passate in secondo piano in nome di un obiettivo più ambizioso e universale: sottomettere gli infedeli.

I messaggi dei vari leader islamici sono sempre più espliciti: “Non fermeremo il nostro jihad finché non saremo sotto gli ulivi di Roma…”; “In verità, Dio accorderà ai musulmani la conquista di Roma…”; Riempiremo le vostre strade di terrore, finché non conquisteremo Roma…”. Ovviamente si riferiscono a Roma come simbolo dell’Occidente e della Cristianità, e quella che si prefiggono non è altro che la soluzione finale, lo sradicamento definitivo della civiltà occidentale con la sua storia, i suoi valori e i suoi principi, il suo pensiero e le sue tradizioni, le sue dottrine e i suoi dogmi; non esistono più rivendicazioni, richieste o istanze, ma soltanto l’intenzione di promettere e compiere spargimento di sangue in nome di Allah.

E qui emerge chiara la mancata crescita culturale dei mussulmani praticanti, che evidentemente non sono stati in grado di adeguarsi ai cambiamenti naturali, sociali e politici degli ultimi millenni, non riuscendo, di fatto, a mettere nella giusta relazione la fede con la realtà; e/o l’eventuale incompatibilità della religione islamica ad essere interpretata e attualizzata per poter essere professata.

Tali considerazioni generano l’ineluttabile dubbio: quale Dio può mai ritenere auspicato e necessario il martirio dei propri credenti e la violenta eliminazione di chi non abbraccia il suo messaggio? Sono i mussulmani praticanti a non aver interpretato bene il Corano oppure è il Corano che non si presta ad interpretazioni diverse?

In questa possibile ambivalenza trova dimora l’ambiguità del mondo islamico, talvolta indotta o addirittura imposta, che non può che produrre nell’Occidente cristiano dubbi, incertezze, timori, sfiducia, sospetti, paura e terrore, perché purtroppo abbiamo già visto di cosa sono capaci; e in questo quadro diventa impossibile distinguere tra il mite e lo spietato, tra il tollerante e il radicale, tra chi vuole stringerti la mano e chi te la vuole tagliare...

L’unica umana risposta è la difesa, l’istinto di sopravvivenza, anche culturale.

Anche Gesù predicava: “Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”, ma nessun cristiano si uccide in nome di Dio per avere la vita eterna, e soprattutto non massacra con sé più infedeli possibili; tutto il Vangelo cristiano è pieno di parabole, racconti, similitudini e metafore mediante le quali si proclama l’annuncio di salvezza, redenzione e misericordia di Dio, ma sono state contestualizzate ed estrapolate dal contesto storico per permettere di attuare la dottrina e gli insegnamenti nella vita quotidiana, senza prendere alla lettera le scritture ma cogliendo il messaggio da mettere in pratica. 

Il cristiano esorta il non credente alla conversione, il mussulmano deve sottomettere l’infedele, se necessario con la violenza; questo al netto delle guerre di conquista combattute da entrambi le parti con intenti tutt’altro che religiosi…

Dobbiamo altresì ammettere che l’Occidente non è certo il mondo perfetto, non lo è stato e non lo sarà; ma nei secoli ha comunque saputo imparare dai propri errori, quanto meno riconoscerli, giudicarli e condannarli, migliorando e migliorandosi nella civile convivenza e nella reciproca tolleranza; ovviamente sono rimaste imperfezioni, difetti, carenze e vizi, ma sono stati relativizzati e si sono stabiliti dei limiti; oggi esistono leggi e regole che classificano e puniscono come reato comportamenti e azioni che un tempo erano permessi, e viceversa. Siamo ancora corrotti e corruttibili, ma non per questo dobbiamo essere sterminati.

Anche perché il variegato mondo mussulmano, con poche sfumature e purtroppo rare eccezioni, è un cumulo di diritti umani violati, mai ammessi né tantomeno perseguiti, in cui, tra gli altri, ancora si pratica la Shari'ah, che prevede pene corporali e amputazioni, le donne non possono studiare, devono coprirsi e sottostare alla volontà di mariti scelti da altri, e le adultere e gli omosessuali vengono lapidati; inoltre non è ammesso il cambio di religione.

Contemporaneamente l’Occidente moderno decide di disconoscere la sua ragion d’essere, rinnega radici e origini, e svende i propri valori comuni all’ideologia progressista che promette illimitate libertà soggettive, l’allargamento dei confini etici e morali, l’apoteosi dei diritti e l’abbandono dei doveri, ridisegnando società e modelli di vita.

La conseguente inevitabile resa culturale e il fisiologico abbassamento della guardia, rendono l’occidente cristiano più vulnerabile, fragile ed esposto agli attacchi del mondo islamico, anche in termini di sicurezza; la Chiesa cattolica di Papa Francesco è aperta, universale, accogliente e sinodale, ma forse troppo poco autorevole e troppo poco attenta alle difficoltà che vivono i cristiani di certe parti del mondo, rischiando di restituire un’immagine di sé fin troppo indulgente e remissiva. 

La sinistra radicale scende in piazza, con le BR in prima fila, giustificando i terroristi islamici, quelli che utilizzano gli amati civili palestinesi come scudi umani; Zaki, che ha scontato 22 mesi nelle carceri egiziane perché attivista in difesa dei diritti umani, ci invita a capire le ragioni del terrorismo; i cristiani, dall’Africa all’Asia fino in Sud America, vengono rigettati nelle catacombe, mentre nei “garage culturali” adibiti a Moschee abusive, sedicenti Imam esortano alla Jihad contro gli infedeli della porta accanto; l’Europa bandisce la parola “Natale” e i nomi propri di origine cristiana nelle comunicazioni ufficiali; togliamo i crocifissi dagli edifici pubblici e rinunciamo al Presepe; tutto per non urtare la sensibilità di chi, con altrettanta delicatezza, minaccia di tagliarci teste e gole e di fare schiave le nostre donne…

A margine di questo inquietante scenario, qualche illuminato buonista, tollerante ed inclusivo, si sta chiedendo se è giusto continuare ad erigere croci sulle cime delle montagne: ebbene, forse è meglio togliere anche quelle già esistenti, prima che, come promesso, tali vette vengano conquistate e le relative Croci spezzate…