Un grande fotografo: Augusto De Luca, racconta la sua conversione
“MENTRE PRIMA MI INTERESSAVA IL SUCCESSO A DISPETTO DELLA CREATIVITÀ, DOPO L’INCONTRO CON GESÙ HO COMPRESO CHE FOTOGRAFARE ERA UN DONO, UN TALENTO, UN CARISMA CHE MI RENDE PARTECIPE DELLA CREAZIONE E DELLA SUA BELLEZZA”.
Augusto De Luca, 65 anni, è un fotografo di fama internazionale. Laurea in giurisprudenza, si appassiona per gioco all’immagine. Tra i suoi scatti più famosi: Renato Carosone, Carla Fracci, Pupella Maggio, Giorgio Napolitano, il Cardinale Sepe.
Le sue foto sono state in mostra tra l’altro a Milano, New York, Pechino, Lione, Goteborg. Sono sue le immagini delle schede Telecom prodotte in vista del cambio all’euro, con quasi 19 milioni di pezzi distribuiti. Premio città di Roma con Ennio Morricone per il libro “Roma nostra”.
Nel 2011 come performer denuncia una situazione di degrado a Napoli organizzando una partita a golf nelle buche stradali con grande partecipazione dei napoletani. Una vita piena di successi, amicizie con personaggi famosi del mondo dello spettacolo e della cultura. “Mi ero mangiato il mondo per riempire una mancanza di amore” racconta. “La mia vita era bellissima per il mondo: divertimenti, soldi, mostre, pubblicazioni“.
Tutto questo riempiva momentaneamente il suo vuoto. “Ero schiavo. Se una pubblicazione saltava, mi innervosivo, andavo fuori di testa. Nulla saziava il deserto che avevo dentro”. Una famiglia benestante, figlio unico, il padre medico e la madre casalinga, entrambi praticanti. “Andavo in chiesa per guardare le ragazzine. Non capivo quello che diceva il sacerdote. Era quasi un qualcosa di scaramantico, bisognava andare”.
Entra in crisi. “La grazia della depressione. Sì una grazia, perché ti fa capire esattamente che tutto quel che hai può mancare da un momento all’altro. Ti rade al suolo. Tutto è inutile. Metà di me voleva vivere, l’altra metà voleva farla finita. Non hai la possibilità di far cessare il male, che avverti nello stomaco e nella testa, con una pillola. Vorresti un pulsante perché questo dolore cessi”. Augusto viveva da solo. “Misi le foto di mia figlia in tutte le stanze, ma non mi bastava, perché l’impulso di farla finita era grande”.
Da qui parte tutto. “Dovevo trovare dei punti di riferimento, altre certezze. Il passo principale è il tuo desiderio di cercare. Questa é una chiamata che non capisci”.
Inizia a leggere testi sulle filosofie orientali, frequenta i buddisti. Poi “per caso” qualcuno lo invita a un incontro nella parrocchia del Corpus Christi di Napoli. “Non avevo aspettative, non credevo a nulla, ma ho deciso di andare”.
Entra in chiesa, durante le catechesi che precedono l’ingresso al Cammino Neocatecumenale. “Ho incontrato alcune persone, che poi ho scoperto essere i catechisti. Mi colpiscono perché hanno una luce diversa. Sono fotografo, lo noto bene. Non hanno rughe o meglio traspare una serenità tale che distende i loro volti, qualcosa di soprannaturale. Sono attratto dal loro ripetere: voi non dovete fare nulla. Fa tutto Lui ed io ero talmente a terra che non avevo proprio la forza di fare nulla“.
“Mi dico: è il posto per me!”. Dopo i primi passi decide però di non continuare. “Il Cammino non è come una linea retta, ma come un diagramma che sale e scende. Cercavo come un pazzo qualcosa. Un appiglio solido. Ma ero ancora con due piedi nel mondo, e nel momento in cui mi sono sentito meglio ho pensato di non avere più bisogno neanche di Dio. È stata la mia rovina. Sono caduto in una seconda depressione, nella stesso modo di vivere di prima, priva di contenuti”. Per tre mesi resta inchiodato al letto con le flebo, senza anima, senza voglia di fare niente. “Lì ho capito“.
Dovevo finire questo percorso. Come avevano fatto gli Ebrei nel deserto. “Quella era la mia storia, quella di ciascuno, una storia di liberazione, fatta di cadute e riprese. Appena mi sono sentito meglio sono corso in cammino e ricordo bene un momento, in una convivenza, a tavola. Sento una delle presenti dire: Questa comunità è proprio bella. Ho percepito una tenerezza e una gioia che mi ha preso completamente, una sensazione di beatitudine che non avevo mai provato e che durò qualche mese. Avevo il piacere di essere in relazione con i fratelli intorno a me, uniti in Gesù. Ricordo quel momento, il momento della mia vita, il mio superenalotto. Gesù è davvero un grande affare”.
L’esperienza di incontro con il Cammino Neocatecumenale ha fatto la differenza nella sua vita: “Sono persone che diventano più che fratelli, con cui si sperimenta una relazione di comunione bellissima. Ci vediamo spesso, anche tre volte a settimana. Si approfondisce la Parola, attraverso catechesi che ti scuotono e insegnano, provocando un discernimento profondo, aiutano a comprendere la tua storia, chi sei, dove vai, con umiltà senza superbia. Più si va avanti e più si approfondisce: un viaggio meraviglioso nella Scrittura”.
Tra tutte le fotografie oggi è l’ultima, come l’ultimo figlio, a rappresentarlo di più: “Scattata al grandissimo scrittore Maurizio De Giovanni. Domani ne farò un’altra e sarà quella la più bella!”.
Un approccio alla fotografia profondamente cambiato nel tempo, grazie alla conversione. “Mentre prima mi interessava il successo a dispetto della creatività, dopo l’incontro con Gesù ho compreso che fotografare era un dono, un talento, un carisma che mi rende partecipe della creazione e della sua bellezza”.
Una ricerca che passa da ogni suo soggetto: “Cerco lo spirito, la profondità della persona, ma anche me stesso in loro. Le mie fotografie sono spesso correlate a oggetti o inquadrature particolari. Lì ci sono io. Un modo di fare analisi. Quell’oggetto è parte dal mio sentire, un’inspiegabile attrazione”.
Quando fotografò alcune città per la TAV (treno ad alta velocità) per estraniarsi dal contesto urbano di Roma, racconta “ho messo delle cuffiette e ho fotografato tutta la città ascoltando il Requiem di Mozart”.
Città, ritratti: l’opera continua, con scatti di personaggi cari: da Enzo Avitabile, a James Senese, “persone che mi hanno insegnato qualcosa, mi hanno accompagnato in tratti della mia storia”.
Augusto oggi è felice: “non perché non abbia tribolazioni, ma con Lui vengono dimezzate, anche in base alla tua capacità di affidarti. Più Lo conosci, più Lo ami, più ti affidi. Leggo molto le vite e le opere dei Santi, persone normalissime, attraverso cui capisco situazioni che capitano a me, momenti di buio, di mancanza di fede, normali in ogni cristiano. Non mi lascio deprimere o impaurire. Gesù non leva niente. Ti fa godere quel che hai, perché non hai più paura di perderlo. Diventa Lui il valore assoluto e tu sperimenti di essere veramente un uomo libero”.