Sul salvataggio in mare del 12 giugno, è da precisare che la motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica è sopraggiunta dopo che l'equipaggio della Sea-Watch 3 aveva completato le operazioni di soccorso, accogliendo a bordo i naufraghi in difficoltà.
Di questi, 44 sono uomini, 9 le donne, 4 i minori di cui 2 non accompagnati. 15 provengono dalla Costa d'Avorio, 2 dalla Liberia, 2 dal Ghana, 13 dal Cameroon, 6 dal Mali, 7 dalla Guinea, 3 dal Niger, 1 dal Togo, 1 dalla Libia, 2 dall'Egitto, 1 dal Burkina Faso.
La motovedetta libica aveva a prua una mitragliatrice, tanto per ricordare come siano utilizzate le navi fornite dall'Italia al Governo di Tripoli per prestare soccorso in mare.
Dopo aver stabilito un contatto radio, senza fornire indicazioni, il guardacoste libico ha poi lasciato l'area.
Sea-Watch 3, che adesso si trova nelle acque di fronte alla costa libica, resta in attesa di indicazioni per un porto sicuro, con richieste inviate a Olanda, Malta e Italia.
Nel frattempo i rappresentanti legali di Sea-Watch, Gamberini e Marino, hanno anticipato di aver presentato una denuncia nei confronti del ministro dell'Interno Matteo Salvini, con queste motivazioni:
«A seguito del soccorso di 53 naufraghi da parte della Sea-Watch 3, il ministro Salvini ha rilasciato, ancora una volta, innumerevoli dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la Ong e l'operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio.Occorre precisare che le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave della ONG da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico.Il ministro sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un paese che non è qualificato come "Porto Sicuro", in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati.Utilizzare l'importante ruolo istituzionale di capo del Viminale in assenza di elementi oggettivi a supporto delle proprie asserzioni, costituisce violazione delle proprie competenze e lascia, peraltro, perplessi sull'attenzione e le energie che il Ministro ripone sull'attività svolta dalle ONG che oggi ha soccorso solamente 53 naufraghi quando, ricordiamo, ogni giorno arrivano decine e decine di persone a bordo di barche fantasma nonché, come nelle ultime settimane, di navi militari e mercantili.Inoltre, l'esito delle indagini rivolte sull'operato delle Ong smentisce categoricamente il Ministro dell'Interno. Pertanto, in qualità di difensori della Ong Sea-Watch, i sottoscritti annunciano una querela per diffamazione a mezzo stampa nei confronti del Ministro dell'Interno Matteo Salvini».
A sua volta, il ministro dell'Interno sbraita su Facebook dichiarando che «la nave illegale Sea Watch 3, dopo aver imbarcato 52 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta.
Le Autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente. #portichiusi».
Salvini, però, non spiega perché la Sea-Watch 3 dovrebbe essere definita "nave illegale" visto che è registrata e riconosciuta nel registro navale olandese. Non solo. La Libia in generale, come hanno ben espresso tutte le istituzioni che si occupano di diritti umani e recentemente anche la sentenza di un tribunale, e Tripoli in particolare, non sono nelle condizioni di offrire un "porto sicuro". Oltretutto, lo dicono anche le cronache, visto che in Libia si combatte una guerra civile con morti, feriti e rifugiati.
Qualcuno che abbia a cuore l'immagine pubblica - o almeno quel che ne resta - del ministro Salvini, glielo faccia presente.