Centinaia di messaggi, migliaia di visite, la "popolarità" del padre e la vicinanza della gente che ha curato sono stati l’essenza di della giornata di ieri, alla camera ardente, per il figlio di Umberto Veronesi, Marco, mentre stringeva la mano alle tante di persone che ringraziavano, tramite lui, il padre, per essere vive. Un via vai ininterrotto in Sala Alessi, a Palazzo Marino, sede del Comune. "Chi piangeva, chi pregava: la gente gli voleva bene e per noi e’ importante in questo momento". Il figlio architetto – dei sette che l’oncologo ha avuto – sente che "l’eredità più importante che ha lasciato è l’impegno civile e sociale e la fiducia nella ragione".
Una razionalità che ha sperimentato anche su di sé negli ultimi momenti della sua malattia, quando ha deciso di smettere di curarsi, avendo capito che non c’era più nulla da fare.
Quella stessa "razionalità" - insultata e derisa dal clero - che lo ha portato (come tanti altri grandi personaggi) a sottrarsi al ricatto della "coreografia" religiosa dei funerali, l'ultima a cui troppa gente che pure ha vissuto praticamente da atea, non riesce ancora a rinunciare.