Il disagio psichico legato all’immigrazione è un tema importante per chi si occupa oggi di disagio e di sofferenza psichica. È una problematica che investe il mondo dei servizi e degli operatori. Il migrante si trova a vivere separazione, partenza, viaggio, arrivo ed incertezza conseguente: il tutto crea situazioni di ansia e rottura di equilibri predefiniti.

Doverosa precisazione
La migrazione è un processo inserito in un contesto storico e politico concreto.
È un percorso che inizia con la emigrazione dalla società di origine, dove viene maturata la decisione di emigrare. L’immigrazione quindi, è solo la fase finale del processo. Essa non potrebbe essere spiegata coerentemente se non la si collega al binomio emigrazione-immigrazione, essendo due facce della stessa medaglia.
Dietro ogni progetto migratorio vi sono ambivalenze: desiderio di partire e paura di abbandonare i propri cari, odio e idealizzazione, tristezza e speranza…
Le motivazioni per migrare possono essere diverse: trovare altrove una vita migliore, persecuzione o rischio di morte, amore, sete di avventura, etc. Quindi da ciò si può comprendere quanto sia importante aggiungere le circostanze che promuovono l’emigrazione, prima di essere in grado di capirla esaustivamente.
Schematicamente potremmo individuare come importanti le seguenti variabili: il progetto concreto, la partenza, il viaggio e l’arrivo al paese di destinazione.

Tante storie alcuni elementi comuni
Ogni storia è a sé ma in tutte le storie di migrazione ci confrontiamo con il tema della "separazione": separazione dal contesto familiare, affettivo, sociale e culturale di appartenenza. Il migrante e gli operatori si trovano a gestire elementi contraddittori che nascono dalla separazione: sofferenza da un lato ed aspettative dall’altro.
L’emigrante si trova davanti ad una "sfida": ridefinire il proprio progetto di vita. L’immigrato elabora il lutto della separazione e si trova nello stesso tempo a dovere rinegoziare il senso della sua esistenza. Si trova in un sistema di relazioni che non riesce ad interpretare e che lo vive come corpo estraneo. Vive la solitudine, l’indifferenza, il sospetto o peggio il disprezzo e l’odio. Può sentirsi osservato, giudicato, magari di troppo.
La famiglia, laddove presente, può essere di aiuto ma non necessariamente. In taluni casi alimenta una chiusura che è di ostacolo all’integrazione.

Manifestazioni del disagio
La consapevolezza circa l’impatto emotivo dell’esperienza immigratoria può essere uno strumento cognitivo ed emozionale importante in un’ottica adattiva. Ne consegue che è utile avviare una riflessione introspettiva, anche se a volte può essere dolorosa, riguardo ciò che viene vissuto.
Il disagio emotivo laddove non è oggetto di elaborazione può dare luogo a differenti quadri, i più frequenti:
– somatizzazioni;
– disturbi ansiosi;
– disturbi depressivi;
– disturbo post traumatico da stress.