La giustizia, intesa come inviolabilità della dignità umana, non può essere barattata con nulla. Se si perde di vista la sacralità dell’essere umano, il diritto infrangibile dell’avere un corpo, l’habeas corpus dicevano i latini, tutto diventerà possibile. Non ci si dovrà fermare davanti a nulla pur di conseguire un qualunque tipo di risultato personale, travolgendo chiunque si pari innanzi.

Questo ci avvierebbe inesorabilmente all’estinzione. «Ma perché, non è già così?». Starete dicendo in molti. Auguriamoci di no. Forse finché ci sarà qualcuno a denunciarlo e farlo notare c’è speranza di reversibilità; e con cauto ottimismo vi dirò che oggi penso ve ne siano molti più di ieri. Ma non abbastanza per i tempi più complessi e superficiali che stiamo vivendo.

Non si abbassa la testa di fronte all’ingiustizia plateale. Non si riduce il proprio essere al nulla. Ma soprattutto non si prenda esempio da ciò che accade ritenendolo l’unica via possibile per stare al mondo. Perché tutto questo ci porterebbe all’estinzione. Non l’ingiustizia. Quindi non chiniamoci e non emuliamo l’ingiustizia!

Esempi molto negativi ci giungono di questi tempi da certa politica. Irritanti e intollerabili ingiustizie si compiono con vero orrore e disprezzo per l’etica più elementare. Ma anche irresponsabilità grave, non già per lo stare innescando pericolose sacche di disperazione e bombe sociali, ma per quel pericolo di emulazione veicolato da un messaggio diretto e per nulla subliminale: calpestare chiunque e andare avanti!

E così la politica del governo comunica questi suoi messaggi:

  • Si possono affamare 169 mila famiglie. Non ci riguarda come faranno la spesa il prossimo mese; facciano come facevano prima o accettino tutto quello che gli viene proposto e senza pretendere orari, diritti e salari minimi.

  • Si può derubare lo Stato, non pagare le tasse, sfruttare i dipendenti, ma soprattutto mentire in parlamento, e continuare a essere ministri della Repubblica Italiana.

  • Si può violare l’art. 54 della Costituzione, e ricoprire incarichi pubblici (e politici) senza rispettare il dovere di disciplina e onore.

  • Si possono ripristinare i vitalizi mentre si affama altra gente.

  • Si possono tutelare gli evasori.

  • Si possono lasciare i guadagni da extraprofitti a banche e società petrolifere, senza tassarli per recuperare somme e aiutare la povera gente o rifornire di propellente l’ascensore sociale.

  • Si possono mandare a monte 16 miliardi del PNRR per i progetti di dissesto idrogeologico, di cui l’Italia è cronicamente affetta, denunciando centinaia di vittime all’anno.

Sono azioni, non omissioni. Non passività e mancato intervento su questioni sociali, ma attività politiche che producono gravi ingiustizie sociali (lesioni della dignità umana) e che potrebbero indirizzare il cittadino a comportamenti analoghi: «Se lo fanno i politici, perché noi no?». Girava già voce su quei luoghi comuni dei “politici tutti ladri” del “piove governo ladro”, e così via. Qualcuno, oggi, vuol forse darne prova inconfutabile che non sono luoghi comuni ma comportamenti tipici, fulgidi esempi da imitare per riuscire nella vita. E’ così?

No, invece. NON IMITIAMOLI!

Piuttosto la disobbedienza, anche estrema purché sempre civile, pacifica e pronta ad assumersi anche le conseguenze delle trasgressioni, la responsabilità di essere contro tali ingiustizie, di non rispettare leggi e provvedimenti che ledono la dignità umana. Di non considerare, per di più, chi disonora la carta costituzionale e i cittadini, non già mentendo ma anche solo resistendo a pesanti ombre e accuse che ne minano la fiducia.

E chi tentenna si ricordi bene del girone degli ignavi.

Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro
(Divina Commedia, Inferno, Canto 3, v.36-37)

Qualche versetto prima ce n'era anche per i "pusillanimi". Perché vivere timorosi nel fare il bene, nel seguire l’etica, nel lottare contro le ingiustizie di qualunque genere, nel farsi gli affari propri evitando di fare il male ma anche il bene, non essere insomma dalla parte di nessuno se non quella di sé stessi, rappresenta il massimo atteggiamento di complicità con chi esercita l’ingiustizia. Un esercizio indisturbato proprio da chi si volta dall’altra parte. Dante gli riservò questi gravosi gironi infernali, e a mio parere ci andò anche leggero.

E se proprio Dante non fosse digeribile, allora possiamo sempre cogliere l’essenza della semplicità ricordandoci delle tre scimmiette sagge: Mizaru, che non vede il male; Kikazaru, che non sente il male; Shizaru, che non parla del male. Anche se loro nascono e furono legate al principio positivo di “non fare il male”, e quindi combatterlo, col tempo la lora icona si è associata a quell’ignave e pusillanime “farsi gli affari propri”.



📸 base foto: Girone degli Ignavi (Dante, Divina Commedia), Ill. di Priamo della Quercia (XV secolo)