Alla Camera, nella Sala del Mappamondo, lunedì sono riunite le commissioni Bilancio di Camera e Senato, per dar modo ai rappresentanti dei vari gruppi presenti in Parlamento di ascoltare dei pareri sulla legge di bilancio 2019. Ad esprimere le loro valutazioni sono stati chiamati a parlare rappresentanti dell’Istat, della Corte dei conti, degli enti locali, di Confindustria, ecc.

Ma è stato sufficiente l'intervento del presidente (facente funzione) dell'Istat, Maurizio Franzini, a far sorgere più di un dubbio sul lavoro di Tria e del Governo.

Franzini, infatti, ha detto che "in termini meccanici sarebbe necessaria una variazione congiunturale del Pil pari a +0,4% nel quarto trimestre dell'anno in corso per raggiungere gli obiettivi di crescita presenti nella Nota di aggiornamento al Def per il 2018."

Nel terzo trimestre, il Pil dell'Italia è rimasto invariato, e per i prossimi tre mesi non pare si possano attendere miracoli, visto che gli indicatori che anticipano l'andamento del ciclo economico mostrano un segno negativo.

Quindi, in sostanza, perché l'Italia possa ottenere l'obbiettivo di crescita dell'1,2% previsto nel 2018, in questi ultimi tre mesi dovrebbe ottenere un risultato che in realtà sarà impossibile da raggiungere. Un dato che - sempre secondo il presidente dell'Istat - "potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica in modo marginale per il 2018, ma in misura più tangibile per gli anni successivi."

Forse è per questo che, secondo il Corriere, il ministro dell'Economia Giovanni Tria, che entro martedì 13 novembre dovrà inviare la lettera di riposta ai richiami della Commissione Ue sulla legge di bilancio 2019 sembrerebbe intenzionato a rivedere al ribasso il Pil dell'Italia per il prossimo anno, previsto dal Governo all'1,5%, contro l'1,2% dell'Europa.

Infine, Franzini ha espresso una propria valutazione sul possibile impatto che potrà avere il reddito di cittadinanza sul Pil del prossimo anno, indicato in un +0,2% rispetto allo scenario base o del +0,3%, "nel caso in cui si consideri l’impatto del reddito di cittadinanza come uno shock diretto sui consumi delle famiglie."

Per arrivare a tale valutazione che si basa su uno stanziamento di risorse non superiore agli 8 miliardi, Franzini ha detto che "il modello utilizzato dall'Istat stima un incremento del Pil pari allo 0,7% in corrispondenza di un aumento della spesa pubblica pari all'1% del Prodotto interno lordo.

L'effetto del beneficio sul Pil terminerebbe dopo 5 anni, quando la riduzione dell'output gap e il conseguente aumento dei prezzi annullerebbero gli effetti positivi della spesa pubblica.

Gli effetti positivi di questo scenario sono raggiunti sotto l'ipotesi che nello stesso periodo non si verifichino peggioramenti delle condizioni di politica monetaria, ovvero che non ci siano aumenti dei tassi di interesse di breve termine."