Ci sarà ancora qualcuno che avrà il coraggio di dire che lo Stato di Israele è una democrazia?
Mercoledì il ministro della Giustizia del governo di Israele da poco insediato, Yariv Levin, ha riassunto le proposte di legge che vuol fare approvare. La più eclatante è quella che consentirebbe alla Knesset, a maggioranza semplice, la possibilità di annullare quanto deciso dalla Corte Suprema in una propria sentenza.
Come chiunque può capire, ciò consentirebbe al governo in carica di poter approvare qualsiasi legge senza alcun timore che questa possa poi essere successivamente cassata.
In Israele non esiste una Costituzione come, ad esempio, in Italia. Vi sono però alcune leggi di ispirazione costituzionale che dovrebbero fare da guida all'attività legislativa. Nel caso venisse approvata una legge come quella riassunta ad inizio articolo, è evidente che la Corte Suprema non avrebbe più senso di esistere, oltre al fatto che il governo in carica sarebbe legittimato a legalizzare anche ciò che finora non era ritenuto legale.
Impossibile, pertanto, poter definire democratico un tale Stato.
Inoltre, secondo le opposizioni, tale legge potrebbe essere utilizzata per annullare il processo penale in corso nei confronti del primo ministro Benjamin Netanyahu, accusato di corruzione.
E per non farsi mancar nulla, nella riforma Levin vi sarebbero anche norme che darebbero ai politici (al governo) maggiore influenza sulla nomina dei giudici.
Una legge simile renderebbe più facile anche legiferare a favore degli insediamenti ebraici nella Cisgiordania occupata senza preoccuparsi di eventuali ricorsi alla Corte Suprema.
Il leader dell'opposizione Yair Lapid, l'ex premier sconfitto da Netanyahu alle elezioni di novembre, oltre a criticare aspramente le dichiarazioni del ministro della Giustizia ha detto che avrebbe annullato una tale riforma "nel momento in cui tornerà al potere".