Le considerazioni sull’Europa non possono non partire dall’immagine impressa dalla Conferenza di Yalta del 4-12 febbraio 1945 e, cioè, dalla famelica spartizione delle “zone di influenza” sul mondo post-bellico e sui suoi assetti. Non possono non partire dall’immagine di Roosevelt, Stalin e Churchill che decidono gli assetti e i confini per l’Europa battuta ed occupata.

Corollario di detta Conferenza fu pure il c.d. Trattato di Pace-Diktat 10 febbraio 1947, di cui recentemente la Presidenza Onoraria del Movimento Sociale Fiamma Tricolore ha chiesto la rescissione unilaterale con una petizione depositata nei due rami del Parlamento italiano.

Il maggiore effetto della Seconda Guerra Mondiale in Europa è stato proprio la divisione del Vecchio Continente in due blocchi, in due sistemi ideologici, politici, economici e militari, oggi in parte scemati, aventi i loro poteri fuori dall’Europa. In poche parole, anche la Gran Bretagna e la Francia, unici stati europei formalmente assimilati ab origine agli USA e all’allora URSS nei consigli dei “4 Grandi”, non erano più le potenze mondali alla vigilia della guerra. Del resto tutti gli stati europei, ad eccezione dei pochi neutrali, erano consapevoli di gravitare nell’uno o nell’altro campo.

Oggi gli allineamenti, soprattutto con riferimento agli stati dell’Est, sono in gran parte mutati, ma le forme di collegamento per lo più restano.

La crisi che, da allora, attraversa l’Europa è grave e si avverte sempre più la necessità di trovare una via di uscita. Via di uscita che può trovarsi solo in seguito ad una ritrovata ed affermata dignità della persona, alla cui scomparsa va in gran parte imputato il disastro che ha colpito l’Europa e a cui va imputato lo stato di prostrazione odierna. Via di uscita, pertanto, che può trovare solo l’uomo libero dall’assillo di ordine economico e finanziario e che si ritrovi a condividere con gli altri lo spirito europeo e cioè la comunanza della civiltà europea, materiata di identici o similari interessi culturali, destini, storia e tradizioni.

Quello dell’Europa, dunque, è soprattutto un problema politico, vertendosi sulla necessità di creare, o meglio fare riemergere, una società europea in cui gli individui si riconoscano e, riconoscendosi, si liberino dallo stato di prostrazione da cui da soli non possono liberarsi.

E’, pertanto, non condivisibile l’opinione di chi aspira ad una Europa unita solo da un punto di vista economico e finanziario, ad una Europa di mercanti di fatto, così come è quella odierna. Certo, i problemi economici esistono in modo amplificato nella assenza d’Europa. Gli stati europei sono letteralmente invasi dai prodotti di alta tecnologia da parte degli stati di altri continenti, ma l’Europa unita potrebbe seriamente affrontare il rilancio tecnologico.

Con l’intensificarsi degli scambi, si è posto sempre più impellente il problema del varo di una moneta europea, che nel 2002 ha visto la sua circolazione in gran parte degli Stati dell’Unione Europea (c.d. eurozona o zona euro). La condivisione dell’euro dell’euro, però, è stata subordinata alla osservanza di rigidi parametri (i parametri di Maastricht), che ha comportato una supremazia finanzia di pochi stati con impoverimento di molti altri a motivo della diminuita competitività di diversi Stati – ormai, tra l’altro, privati del potere di batter moneta - e alla accettazione di misure di forte austerità nei bilanci dei singoli stati.

Così come ideato, l’euro a ragione è stato decisamente avversato da varie parti, ivi compreso il Movimento Sociale Fiamma Tricolore Si pone sempre più, in termini quasi drammatici, la questione ecologica, che non conosce frontiere ed il costo di disinquinamento e di prevenzione è insostenibile per un singolo stato. Le necessità più impellenti sono, però, da ravvisare sotto l’aspetto prettamente politico. Bisogna, soprattutto, trovare uno spazio di sicurezza e varare una politica estera comune.

Particolare attenzione va posta alla politica per il Mediterraneo. In tale prospettiva non si possono non tenere presenti le nazioni dell’Africa Settentrionale e le Nazioni Arabe, che, ormai, da parecchio tempo, stanno vivendo un inquieto e tormentato sviluppo, alla ricerca di stabili ed effettive indipendenza ed autonomia. E la massiccia immigrazione, che assume sempre più i connotati quasi della invasione, non può essere più fronteggiata senza una vera e propria politica europea.

Con la caduta del muro di Berlino, simbolo del decadimento europeo, si riaccesero, seppure in modo tiepido, gli spiriti europeisti, ma nulla o poco, ma male, si è fatto. Ancora continua ad esercitarsi il potere degli USA sull’Europa. Fatti emblematici sono quelli a tutt’oggi vissuti.

Gli Stati europei, disuniti, sono stati trascinati in guerre, senza a volte realmente volerlo, o hanno preso iniziative singole con il bene placet degli USA; ma, quello che è più grave, hanno visioni diverse tra loro, ma sono, pur tuttavia, sempre ubbidienti verso la potenza mondiale, che ben poco si cura della volontà degli “alleati”.

A ciò è da aggiungere il continuo affievolimento, se non addirittura scomparsa, negli stati europei dei valori tradizionali, sotto la spinta degli sfrenati consumismo ed edonismo e della dissacralità della vita. Non c’è chi non veda, infatti, che la popolazione degli Stati Uniti d’America è il prodotto di diverse nazionalità ed anche, in buona parte, di c.d. rifugiati. E’ un popolo senza passato. L’interesse preminente e forse unico, al suo interno, è costituito dal fattore “produzione”.

Ma produrre senza anima significa sì primeggiare probabilmente nel settore economico, ma significa anche affievolimento dei valori culturale e spirituali. La futura Europa non dovrà tollerare l’omologazione e l’appiattimento dei cervelli. Una vera e genuina Europa, quindi, occorre. L’Europa, cioè, di Filippo Anfuso, il cui pensiero è stato chiaramente riassunto da Pino Romualdi: “...

E’ di questa Europa che Filippo Anfuso parlerà e scriverà per anni fino all’ultimo giorno della sua vita: l’Europa in cerca di una sua unità nazionale in polemica con gli europeismi falsi e faziosi dei collaboratori diretti ed indiretti del comunismo...; l’Europa nei suoi rapporti con l’America:...il gladio e lo scudo della difesa occidentale...L’Europa vittima di una sua democrazia invecchiata, grigia, senza energie e senza orgoglio, scioccamente servile e putrida nei suoi partiti, ma tuttavia ancora capace di sentire che fatalmente occorre lasciar posto a qualcosa di nuovo, di più particolare, di più congeniale alle sue necessità...

Se, come Anfuso ammoniva, l’Europa non vuole perire, essa ha bisogno di sentire rivivere lo spirito e la volontà politica delle sue diverse Patrie nel riconquistato orgoglio di volere essere tutte insieme una grande civile nazione europea. Una nuova grande potenza a garanzia della indipendenza della libertà e della pace nella sicurezza del Mondo...

Una Europa vertebrata, salda, non svuotata...dei valori e delle sue grandi tradizioni, orgogliosa, armata per la sua difesa, capace di mobilitare e coordinare le sue energie e le sue intelligenze per essere economicamente, politicamente, culturalmente pronta a raccogliere le grandi sfide chele vengono da ogni parte del mondo”.


Nando Gambino
Componente Comitato Nazionale “Per l’Europa libera e grande”
Movimento Sociale Fiamma Tricolore