"... E ora, fratelli e sorelle, guardo ancora a voi, ai vostri occhi stanchi ma luminosi che non hanno smarrito la speranza, alle vostre labbra che non hanno perso la forza di pregare e di cantare; guardo a voi che avete le mani vuote ma il cuore pieno di fede, a voi che portate dentro un passato segnato dal dolore ma non smettete di sognare un avvenire migliore. Noi oggi, incontrandovi, vorremmo dare ali alla vostra speranza. Ci crediamo, crediamo che ora, anche nei campi per sfollati, dove la situazione del Paese vi costringe purtroppo a stare, può nascere, come dalla terra spoglia, un seme nuovo che porterà frutto.Vorrei dirvi: siete voi il seme di un nuovo Sud Sudan, il seme per una crescita fertile e rigogliosa del Paese. Siete voi, di tutte le diverse etnie, voi che avete patito e state soffrendo, ma che non volete rispondere al male con altro male. Voi, che fin d’ora scegliete la fraternità e il perdono, state coltivando un domani migliore. Un domani che nasce oggi, lì dove siete, dalla capacità di collaborare, di tessere trame di comunione e percorsi di riconciliazione con chi, diverso da voi per etnia e provenienza, vi vive accanto. Fratelli e sorelle, siate semi di speranza, nei quali già s’intravede l’albero che un giorno, speriamo vicino, porterà frutto. Sì, sarete voi gli alberi che assorbiranno l’inquinamento di anni di violenze e restituiranno l’ossigeno della fraternità. È vero, ora siete “piantati” dove non volete, ma proprio in questa situazione di disagio e precarietà potete tendere la mano a chi vi è accanto e sperimentare che siete radicati nella stessa umanità: da qui bisogna ripartire per riscoprirsi fratelli e sorelle, figli in terra del Dio del cielo, Padre di tutti.Carissimi, a ricordarci che una pianta nasce da un seme sono le radici. È bello che qui la gente tenga molto alle radici. Ho letto che in queste terre «le radici non vanno mai dimenticate», perché «gli antenati ci ricordano chi siamo e quale dev’essere la nostra strada... Senza di loro siamo perduti, impauriti e senza bussola. Non c’è futuro, senza passato» (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). In Sud Sudan i giovani crescono facendo tesoro dei racconti degli anziani e, se la narrativa di questi anni è stata caratterizzata dalla violenza, è possibile, anzi, è necessario inaugurarne, a partire da voi, una nuova: una nuova narrativa dell’incontro, dove quanto si è patito non sia dimenticato, ma venga abitato dalla luce della fraternità; una narrativa che metta al centro non solo la tragicità della cronaca, ma il desiderio ardente della pace. Siate voi, giovani di etnie diverse, le prime pagine di questa narrativa! Se i conflitti, le violenze e gli odi hanno strappato via dai buoni ricordi le prime pagine di vita di questa Repubblica, siate voi a riscriverne la storia di pace! Io vi ringrazio per la vostra forza d’animo e per tutti i vostri gesti di bene, che sono tanto graditi a Dio e rendono prezioso ogni giorno che vivete.Vorrei rivolgere una parola grata anche a quanti vi aiutano, spesso in condizioni non solo difficili, ma emergenziali. Grazie alle comunità ecclesiali per le loro opere, che meritano di essere sostenute; grazie ai missionari, alle organizzazioni umanitarie e internazionali, in particolare alle Nazioni Unite per il grande lavoro che svolgono. Certo, un Paese non può sopravvivere di sostegni esterni, per lo più avendo un territorio tanto ricco di risorse! Ma ora sono estremamente necessari. Vorrei anche onorare i tanti operatori umanitari che hanno perso la vita, ed esortare al rispetto per chi aiuta e per le strutture di sostegno alla popolazione, che non possono diventare obiettivi di assalti e vandalismi. Accanto ai soccorsi urgenti, credo sia molto importante, in prospettiva futura, accompagnare la popolazione sulla via dello sviluppo, ad esempio aiutandola ad apprendere tecniche aggiornate per l’agricoltura e l’allevamento, così da facilitare una crescita più autonoma. A tutti chiedo con il cuore in mano: soccorriamo il Sud Sudan, non lasciamo sola la sua popolazione, che tanto ha sofferto e soffre!In conclusione, desidero rivolgere un pensiero ai tanti rifugiati sud sudanesi che stanno fuori dal Paese e a quanti non possono rientrare perché il loro territorio è stato occupato. Sono loro vicino e auspico che possano tornare a essere protagonisti del futuro della loro terra, contribuendo al suo sviluppo in modo costruttivo e pacifico. Nyakuor Rebecca, mi hai chiesto una benedizione speciale per i bambini del Sud Sudan, proprio perché possiate crescere tutti insieme nella pace. Noi tre come fratelli daremo la benedizione: con mio fratello Justin e mio fratello Iain, insieme vi daremo la benedizione. Con essa, vi raggiunga la benedizione di tanti fratelli e sorelle cristiani nel mondo, che vi abbracciano e vi incoraggiano, sapendo che in voi, nella vostra fede, nella vostra forza interiore, nei vostri sogni di pace risplende tutta la bellezza dell’essere umano".

Così nella Freedom Hall di Giuba, dove era in compagnia del primate anglicano Welby e del moderatore dell'Assemblea generale della Chiesa di Scozia Greenshields, papa Francesco ha parlato ad una rappresentanza degli abitanti dei vari campi presenti in Sud Suan dove hanno trovato rifugio i 4 milioni di sfollati, due terzi della popolazione, colpiti da insicurezza alimentare e malnutrizione, una tragedia umanitaria che rischia di peggiorare.