TACCUINO #6

Ai bimbi vengono narrate favole, affinché si abbandonino al loro mondo di temporalità e spazialità incosciente e dormano tranquilli e sereni le sicurezze ipniche. Caduti nel mondo. Così per opere demagogiche vengono narrate strutturate deboli fantasie in dilezione d'intenti al fine di permeare le profondità mentali.

Mandrie domesticate e greggi barbare sottoposte ad apprendimento pavloviano agiscono di risposta psichica indotta per incarnato convincimento. Seguito ora spiegando cosa intendo per mente. Nulla che sia dentro, nel, all'interno, sovrapposto, che circonda il cervello. E così, ancora, non intendo le profondità del nucleo antico. Evidenzio, più marcatamente, che penso la mente altro dal cervello. Ancora, la mente non è il cervello.

Il cervello non è la mente. Dico mente e dico cuore intendendo l'una mossa dall'altro. È questo altro, organo che muove vorticosamente il pensar della mente che dirige informazioni al filtro deputato alla lettura e invio coordinamenti armonici. L'interpretazione errata muove tra sinapsi e interscambi pieni e vuoti nel balletto intrareattivo 0 1, designando errori di comportamento. Questo non divide razze, tipi, casi, e ulteriori bagattelle, ma trova riscontro nelle differenze osservabili comuni che definiscono l'essere mortale pensante o formato per completezza o non formato per completezza. Si fa così questione del rapporto con il vuoto nel nulla, sul concetto limite sussistente solo grazie al suo opposto, ossia al pieno intenzionale, che caratterizza la totalità sentita del godere di coscienza e - volendo per comodità evocare autori discutibili - inconscio.

E cosa muove il pensar della mente? Il thumos. Ecco che nella spinta di aria e sangue, cellule non correttamente formate muovono informazioni che trasportano frammenti, i quali vengono letti e si avviano agli agiti, agli atti, forti di potenza del desiderio umano di riconoscimento ma deboli per natura di concepimento. Si manifesta una percezione del mondo sentita quale scadente introiezione. La conoscenza e la coscienza del mondo muovono sulla percezione del sentire il nostro essere nel, ovvero l'attimo zero dell'esserci. Si potrebbe dire una forza psichica zero nel nulla, che è qualcosa dell'essere o l'essere stesso.

Non esiste persona che sia immune dalle intrinseche tragedie dell’esistenza che oggi, nella contemporaneità liquida, sono divenuti drammi e vissuti drammatici. Temo sia il caso del coinvolgimento e condizionamento mentale che illude il brotós che si autoinganna a motivo di un fuggire alètheia. Costituendosi una veritas, vive cum gaudium magno l'interpretazione del viscerale indicibile igneo intimo essere, all'interno di una gabbia che tenta di tener al sicuro l'animato, ma che non lo libera alla verità, il reale esistere. La realtà cruda.

Così oggi giustizia è via di false opinioni e ignoranza. La condizione mentale che pensa una metafisica disattende una visione chiara e limpida del mendicante, il thnetos, in lotta continua tra pulsioni di eros, partecipante di incidenti e accidenti dell'essere, e thanatos. Ma è qui che sulla vita dell'irrazional pienamente vissuto si ostacola con credenza e fede lo sguardo esistenziale della capacità infantile e non si osserva l'àtopon, che è proprio dell'attimo zero e muove tutto ciò che al concepimento muore nell'esser circondato e circonda. Iato fra nulla. La banalità del male e la stupidità dell'ànthropos ridicolizzano il vissuto e, contrari agli aspetti per natura, l'agito è l'affastellarsi di istanze psichiche che sfogano fallace libertà di pulsione, ostracizzando la prima libertà magmatica che pienamente partecipa dell'irrazional vissuto.

Lo sguardo del fanciullo, per ragion di sangue, è la porta che apre alla vita vera. Testimone inquietante di questo luogo ove ciò che vien prodotto colma la propria insufficienza annullandosi. In opposizione, la distorsione di coloro i quali incarnano storture mentali gravi sopravvive all'insufficienza che annulla ogni altro da sé. Entrambi destinati a sorte comune sembra giochino con la vita, sapendo che nascita muove a fine, ma non incarnando il proprio esistere la condizione umana. Il non realizzato è manchevole di consapevolezza. E qui ha senso, esattamente per camminar su lo stesso, ovvero per seguitar la direzione, principare da thauma, l'orrore, il mostruoso, la paura, il terrore, indebitamente tradotto debolmente sulle ideate e costituite fondamenta di civiltà che hanno eletto un sapere gracile e scialbo che partecipa di un essere smunto, macilento e esangue. Questo esiste, quando appare ma non è.

Sull'apparire basti pensare ai nuovi demoni che hanno abbandonato forza e vigore degli antichi tonici per sognare all'interno di affluenti società che abbassano il livello culturale umano nell'espressione manifestata della moderna pubblicità tecnica, o nell'istruzione ignorante di educazione, o ancora del relegare opprimendo per favor di obbedienza a regole e comandi sulla follia punitiva, fino a distruggerlo, in un continuo decadere. Il fenomeno materiale è parvenza e illusione. L'influenzabile cresce sulla cecità dello stupido e modella l'orrore di nuovi tempi sulla minaccia della vita. Vi è difesa più debole?

Se l'uomo vuole deliberatamente vivere il marcio o non ha più le forze per lacerare il velo, forse non può più rientrare nell'ossatura della specie e il rifugio comodo consente di sostenere un nuovo paradosso, accogliendo rimedio all'antidoto bimillenario (forse), non accorgendosi dell'invenzione dell'impossibilità di sentirsi accolti dalla culla dura. L'uomo vuol entrare nel sogno dal quale diviene con volontà di potenza e atto ircocervo, vestendo i panni di un altro da sé, la persona che indossa maschere senza veder più la propria, dimenticata sulla cecità di una σαφές. 
 
Sicuro ma mai certo non posso giurarlo. Equivarrebbe l'aver l'ultima parola sul mondo. Vi sarebbe mai più sciocca follia? Navigar in acque eterodosse e scettiche protegge dal folle che convinto terrorizza.

L'oscurità ricorda che è possibile veder le stelle solo quando si è al buio.

L'universo non si spenge.