Cosa è accaduto, da un punto di vista individuale e sociale, nel 2020 e cosa accadrà ancora? Il primo e più strabiliante effetto dell’anno d’inizio della pandemenza è stato che gli individui dotati di buonsenso si sono svegliati in un mondo che non voleva più ragionare. La follia delle folle si è, d’un tratto, impadronita delle menti di colleghi, amici o estranei che, improvvisamente, hanno ritenuto di poter ammonire, o insultare, chi non portava un pezzo di pezza sul viso per obbedire agli sciamani della televisione, denunciare i vicini di casa, affiggere avvisi delatori nei condomini, impedire l’accesso a luoghi pubblici, sanitari o di trasporto e tanto altro. Si è assistito ad una vergognosa caccia alle streghe contro chi poneva delle domande o provava ad indurre alla calma ed al ragionamento. Politici e bellimbusti televisivi si sono lanciati in dichiarazioni indegne di una società civile contro coloro i quali si rifiutavano di piegarsi ai veleni della paura con cui veniva irrorata la società attraverso mass media indecenti oltre ogni limite. Scienziati di primordine come il prof. John Ioannidis, il Nobel Luc Montagnier o gli autori della Great Barrington Declaration, sono stati messi alla berlina, insultati da mezze tacche, calunniati, mentre gentucola che ignora persino l’ortografia elementare è stata messa sul pulpito televisivo a raccontare frottole talmente grandi da far impallidire qualsivoglia leader di culti estremi. La scienza è stata fatta passare per fideismo e trasformata in una pseudoscienza (la “scienzia” televisiva) povera di logica e di ragioni. Mai come nel periodo della pandemenza si è potuto assistere, così palesemente, al carattere profondamente deleterio che i media hanno ormai sulla socialità. La pseudoscienza veicolata dal piccolo schermo è piaciuta alle folle scalmanate perché questa appare facile da assimilare, semplicistica fino all’assurdo e, soprattutto, talmente fideistica da porla al pari con un qualsivoglia culto sorto da un umido scantinato di Brooklyn: “credi nella scienza” ripetevano le voci gracchianti dei guru mediatici e dei politicastri loro complici. Solo quelli che si mantenevano saldi alla ragione sapevano che nella scienza non c’è proprio niente da credere: è come se uno dicesse “credi che nel conto corrente ci sono 10.000 Euro”. Cosa c’è da credere? Gli Euro o ci sono o non ci sono. All’infezione da Corona il 2020 ha reagito con l’antiscienza al posto della scienza.

Il XXI sec., un evo tenebroso e tremendo, che ama però definire se stesso come “epoca della conoscenza”, ha palesato livelli di esaltazione irrazionale, di menzogna e di squallore intellettuale che hanno rari paralleli storici. Le folle, com’è già avvenuto in altre epoche buie, si sono gettate, estasiate, tra le braccia di demagoghi di mezza tacca e prestidigitatori a pagamento. Dalle parole le folle sono poi passate ai fatti lasciandosi inoculare, a capo chino, sostanze non sufficientemente testate per i loro effetti collaterali ed il tutto in nome della “scienzia”. Ora ne pagano le conseguenze che, paradossalmente, si rifiutano di riconoscere, come se chiudere gli occhi di fronte alla realtà potesse influenzarla oppure evitarla.

Quanto è accaduto necessita una riflessione che, in accordo con l’epoca, non sta avvenendo. Coloro che hanno perpetrato quest’assurda beffa nascondono adesso la mano che ha gettato il sasso, fingono di aver dimenticato, minimizzano o negano apertamente la realtà di quanto è avvenuto e gli effetti che il delirio della pandemenza ha provocato e continua a produrre. La mortalità in eccesso, le conseguenze sull’economia e sulla socialità vengono fatte passare per altro da ciò che sono: da una parte si parla di un immaginario “long Covid” e, dall’altra, “è tutta colpa di Putin”, come se l’Euro lo si stampasse a Mosca. Per chi non lo sapesse, l’inflazione è determinata dalla “crescita rapida della quantità di valuta circolante rispetto alla produzione” di cui l’aumento dei prezzi è solo una tra le conseguenze. L’inflazione può, però, venir facilmente utilizzata, dalla politica, come un metodo di espropriazione economica e di riduzione del debito di Stato, un sistema già adoperato in epoca romana che portò al collasso del sesterzio nel IV sec. e, poi, dell’Impero stesso.

La Repubblica è stata cancellata nello Stato il quale, a sua volta, ha smarrito la separazione costituzionale dei tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), che dovrebbero tenere a freno le sue parti, impedendo la prevaricazione sul diritto attraverso il monopolio della forza. Tutto sembra sia stato dimenticato: la magistratura e le Corti superiori sono diventate esecutrici politiche non più garanti dell’applicazione delle leggi, nullificando la funzione di controllo che ognuna di queste dovrebbe esercitare tanto sull’esecutivo quanto sul legislativo. Le sentenze (14/2023 e sgg.), della Corte Costituzionale, presieduta dalla signora Sciarra, sono un esempio, a futura memoria, della cancellazione della funzione di controllo tra giudiziario ed esecutivo e della chiacchiera politica che trionfa sui fatti, la ragione e la scienza. Il Parlamento è, poi, stato assoggettato dai Partiti e la Costituzione è diventata una mera carta di “suggerimenti” sottoposti agli editti del capo del governo – altrimenti il signor Conte non avrebbe potuto firmare decreti capaci di cancellare libertà costituzionalmente garantite, mettendo, praticamente, un’intera popolazione agli arresti domiciliari. 

Del cosiddetto “quarto potere” meglio non discuterne, poiché l’informazione oggettiva ed indipendente è, in questo momento storico, un mero retaggio del passato: tutto quello che passa tra gazzette e televisioni è sempre il prodotto di una narrativa, oppure filtrato da questa. Anche su internet, che durante la pandemenza è stata un veicolo fondamentale di dati ed informazioni, questa politica comincia a mettere le mani e, tra pochi anni, la rete verrà sottoposta sempre più a normative illiberali e contrarie alla libertà di parola. Già durante la pandemenza si è visto un utilizzo della censura online che non si era mai conosciuto prima. I cittadini sono stati ingannati, malignamente raggirati, ma hanno ugualmente continuato e continuano ad obbedire. Gli anni che si sono succeduti al 2020 non hanno segnato, com’era prevedibile, la fine dell’impazzimento collettivo che è semplicemente tornato ad assopirsi sotto le ceneri. Del resto, se una popolazione è capace di perdere il senno così com’è avvenuto nel 2020, il malessere dev’essere ben più profondo del mero sintomo. La situazione corrente, la quale può apparire solo come un problema politico, sta ormai rosicando quel poco di autocoscienza che era rimasta all’individuo nel moderno. È, anzi, attraverso una spaventosa falsificazione della realtà che il cittadino viene messo in ginocchio e condotto ad una passività e gregariato che finiscono con il coincidere con l’autolesionismo, se non con una sorta di demenza passiva rispetto alla realtà, finendo così per dover parlare più che di una “dissonanza cognitiva”, di una vera e propria “dissociazione cognitiva”. 

Il nostro bisogno di tornare ai fatti, ad una comunicazione onesta ed alla razionalità è, al momento, disperato. La pandemenza, più che essere un momento episodico, rappresenta, invece, una gravissima svolta nella storia contemporanea – dal 2020 le classi dominanti ripetono, a pappagallo, di una “nuova normalità”. La pandemenza è stata, infatti, solo l’ouverture a cui hanno già fatto seguito una guerra sul suolo europeo, in Israele il più orribile pogrom dopo la Shoah, attacchi terroristici navali nell’Oceano indiano ed ulteriori massacri come quello di fine marzo 2024 nel teatro di Mosca con oltre 130 morti, oppure il costante stillicidio di accoltellamenti nelle strade d’Europa su cui i media generalisti tacciono. Adesso gli illuminati dell’oscurità parlano di mandare truppe sul suolo ucraino ed il tutto con la solita fanfara farsesca dei media unificati. Il momento è pericolosissimo perché la mentalità della pandemenza, ossia obbedienza assoluta alle irrealtà proposte dal potere, continua ad accompagnare il cittadino ormai sconfitto, sperduto, incapace d’altro se non di consumo e passività morale, culturale, spirituale. Kant diceva sobriamente che quello che non si vuole imparare attraverso la ragione, lo si finisce per imparare attraverso il dolore che è, poi, ancora un ritorno all’antica Grecia in cui si insegnava della sofferenza che porta all’apprendimento: tà pathemata mathémata. L’immenso problema è, qui, che né i Greci, né Immanuel Kant, potevano prevedere che un’arma capace di annientare l’intera specie potesse finire nelle mani di una classe politica, o di intere popolazioni, che hanno ancora una volta smarrito ogni contatto con il senno e la realtà e vivono, incuranti o ignari, in un mondo falso ed illusorio a misura della loro volontà. È da qui che sorge il nostro disperato bisogno di iniziare a ragionare insieme, invece di metter mano all’ultima clava nucleare dopo la quale non vi sarà più nulla su cui ragionare.