Il ministero dell'Interno australiano chiede di posticipare l'udienza sulla vicenda Djokovic, il tribunale dice no
Un nuovo tassello si aggiunge alla vicenda legata a Novak Djokovic.
Sabato, gli avvocati di Djokovic hanno depositato al Federal Circuit and Family Court di Melbourne, in vista dell'udienza di lunedì prossimo in cui si dovrà decidere o meno sulla sua espulsione dall'Australia, un documento di 35 pagine in cui sostengono che il loro cliente aveva tutti i requisiti per ottenere un certificato di esenzione dal vaccino a seguito di una recente infezione da Covid, così come il visto di ingresso nel Paese, revocatogli per una serie di "errori giurisdizionali" di cui il tennista serbo sarebbe vittima inconsapevole e non responsabile.
La novità sta nel fatto che a sorpresa, le autorità australiane hanno chiesto al tribunale dove si discuterà la causa Djokovic di spostare l'udienza da lunedì a mercoledì, ritardandola pertanto di un paio di giorni. Perché? Non è stato spiegato. Nelle scorse ore, però, sembra sempre più confermarsi l'idea che il tennista serbo - al di là delle sue convinzioni su vaccini e medicina - sia effettivamente rimasto vittima di un pasticcio burocratico, tra organizzatori degli Open d'Australia, Stato del Victoria e Governo federale, che farebbe persino invidia all'Italia.
Nel frattempo numerosi tifosi di Djokovic stazionano presso la struttura dove è stato costretto a risiedere, che ospita gli immigrati in attesa di chiarire il loro status, per dare supporto al campione serbo, mentre a dare ancor più corpo alla pagliacciata mediatica in atto vi sono le dichiarazioni della famiglia Djokovic, che si lamenta perché al loro congiunto siano stati negati i diritti minimi concessi agli esseri umani, anche per non avergli permesso il soggiorno in un albergo a 5 stelle, tanto da far loro dire che Novak è stato trattato come Gesù.