«La potenza della bellezza è qualcosa di grande luminoso, ma anche tenebroso, oscuro in un continuo rapporto tra Apollo e Dioniso, elevazione ed ottundimento della mente. In questo rapporto ambiguo che ferisce ma al contempo consola ed eleva verso il cielo e lo spirituale, vi è la forza ultima della bellezza».

Con queste parole, Sergio Sabetta, autore ormai noto nella community letteraria dell’Aletti editore, delinea gli aspetti caratteristici della sua opera “Nello specchio di Venere”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” della casa editrice con sede a Villanova di Guidonia (Roma).

«La scelta del titolo - spiega il funzionario presso la Corte dei Conti di Genova ed ex magistrato onorario presso il tribunale di Chiavari - è in rapporto alla Natura. Venere è la Dea Madre che ha la forza creatrice, rigeneratrice ma anche la possibilità di perderti se non avvicinata con rispetto. Essa ha in sé la bellezza che riscatta la quotidiana bruttura, l’armonia contro la disarmonia, quello che dovrebbe essere e non è». La raccolta di liriche è suddivisa nelle seguenti sezioni: Al tempo degli dei (Antichi Dei; Sognando); Nella bellezza (Alla corte di Eleonora di Aquitania; Afrodite). Nei versi - come sottolinea Alessandro Quasimodo nella Prefazione - «emerge il contrasto tra bene e male, morte e vita. L’uomo partecipa alla costante dialettica tra forze avverse in un dualismo insito anche in lui. Come al giorno subentra la notte, alla luce le tenebre così alla gioia segue il dolore in un chiaroscuro continuo. Le divinità di Sabetta come Era e Afrodite possono mitigare le sofferenze dell’umanità e suggerire valori di notevole importanza».

L’opera riflette, proprio come in uno specchio - quello in cui soffermarsi per andare oltre l’immagine e le apparenze - il senso più autentico della bellezza. Ciò che l’autore definisce «una tensione verso l’alto, un ricatto per l’umano che viene a perdersi nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Essa risiede in un’armonia che da fisica diventa spirituale, ma questa deve essere coltivata per comprenderla, amarla e proteggerla. Un continuo rapporto tra antichità e modernità.

«Riscoprendo, infatti, il deposito di una storia antica, millenaria - spiega Sabetta -, legando passato e presente in un’unica trama, dove il tempo è solo apparentemente rottura, contrapposizione, ma nella realtà un’evoluzione, che può essere positiva o negativa, ossia un’onda, si ha la possibilità di filtrare il caos che viene generato, volutamente o inconsciamente, intorno a noi».

Nell’opera vi è un richiamo ai miti irlandesi, alla mitologia nordica e mediterranea, fino all’immergersi nel “Dolce Stil Novo” e nella “Scuola siciliana”, attraverso i provenzali fino agli andalusi, nella ricerca di un ideale, nell’essenziale sotterranea lotta tra quello che una volta era il “male e il bene”, tra disintegrazione e crescita. Ma anche un forte richiamo alle vicende storiche della famiglia dell’autore nel corso del Novecento. Attraverso la poesia vi è, dunque, la volontà di invitare il lettore «a guardare in se stessi, non proiettarsi sempre all’esterno in una corsa sempre continua, ma rallentare guardandosi attorno con attenzione, oltre le volute apparenze, introiettando la riflessione. Un esercizio impegnativo - afferma Sabetta - talvolta sgradevole, ma necessario».

Federica Grisolia