Guerra per procura, in nome di chi e perché?
Programma 127 echo – Guerra per procura. All’origine ero una europeista convinta, pensavo che tale unione potesse aprire nuove prospettive per tutti i cittadini invece è stato creato un “organismo” mercantile e finanziario all’appannaggio dei due o tre paesi dominanti che hanno gestito una comunità senz’anima. Domina una mentalità post-bellica che offre stereotipi economico/politici obsoleti e miopi che non lasciano spazio ad un modello nuovo ed inclusivo di reale comunità. Per far parte di questa organizzazione di stati sovrani è obbligatorio adottare una forma di governo democratica, rispettare i diritti umani e tanti altri bei principi ma all’atto pratico, quando queste nobili norme collidono con gli interessi dei paesi dominanti allora le maglie si allargano e si restringono alla bisogna. Che tipo di comunità è se vi sono dei paesi sudisti chiamati “pigs” e l’élite nordica che in tutti questi anni di vita comunitaria hanno saputo curare quasi esclusivamente i loro interessi nazionali. Ognuno ha adottato una politica estera ed economica finalizzata al proprio tornaconto sul modello “separati in casa”.
La vera democrazia si difende rendendo un buon servizio alla verità, senza verità non vi può essere giustizia e l’ingiustizia apre le porte alla barbarie che puntualmente ha bussato alle nostre porte e ci ha presentato il conto: una guerra che sta mettendo in ginocchio l’intero sistema comunitario perché è una struttura che non ha fondazioni solide.
Per questo considero fondamentale ricercare le reali ragioni che determinano gli eventi per disinnescarne gli effetti. La guerra in Ucraina è un effetto, le cause stanno emergendo lentamente grazie al serio lavoro di giornalisti americani d’inchiesta che stanno informando i lettori di quanto hanno scoperto in mesi di dura e seria attività investigativa.
Un paio di mesi fa circa incominciò a circolare la definizione di un nuovo modello di guerra, quella per procura. Per qualche giorno circolò la frase: “La NATO combatterà fino all’ultimo ucraino”. È proprio vero che la creatività umana è senza confini sia nel bene che nel male. Visto che l’industria bellica americana ha continuo bisogno di “sangue fresco” per riempire i forzieri; visto che il popolo americano non crede più alla balla dell’esportazione della democrazia tra i barbari africani e mediorientali (con i sottosuoli ricchi di petrolio e altre materie prime preziose per l’industria tecnologica occidentale) e le famiglie povere non vogliono più avere lutti o traumatizzati-disadattati in casa il Dipartimento della Difesa statunitense ha avviato ormai da anni una geniale iniziativa, ovviamente top secret, denominata “Programma 127 echo” o meglio “guerra per procura”.
Dopo un lungo lavoro di interviste, ricerca e approfondimenti utilizzando documentazione inerente al “Programma 127echo” da parte di due reporter del sito investigativo The Intercept, Alice Speri e Nick Turse (How the Pentagon Uses Its 127e Program to Wage Proxy Wars _ theintercept.com), è emerso che il Pentagono ha elaborato un programma segreto per iniziare e condurre guerre per procura in varie parti del mondo, addestrando e finanziando soldati stranieri per difendere gli interessi americani in paesi strategici.
Emergono non pochi aspetti oscuri, primariamente le operazioni militari sono occultate al controllo del Congresso, organo che deve esserne informato perché deve autorizzarle. Attraverso interviste, accesso a documentazione, analisi e riscontri dei fatti i due reporter fanno affiorare alcune operazioni condotte in semi-clandestinità da “piccole unità delle Forze Speciali coinvolte nel programma 127-echo di guerra per procura del Dipartimento della Difesa USA”.
L’articolo, lungo 18 pagine, affronta l’argomento da molti punti di vista, approfondendo gli aspetti logistici, militari, economici, geopolitici e in particolar modo la legittimità costituzionale del “Programma 127 – echo”. Lo scopo di utilizzare tale espediente è palese e scellerato. Infatti l’uso di “Forze Speciali” private bypassa il coinvolgimento diretto dell’esercito USA con molti vantaggi: non vengono spese vite americane, si possono compiere operazioni contro le leggi morali ed internazionali senza doverne rendere conto ad alcuno; si tutelano i propri interessi utilizzando mezzi illeciti e contrari ai trattati sottoscritti e/o agli accordi presi; si commettono omicidi politici e genocidi in perfetta riservatezza. Ieri li chiamavano mercenari, oggi contractor o forze speciali private ma non basta solo cambiare nome per cambiare la sostanza: è bene chiamare ogni cosa con il suo nome e curarne meglio il suo significato reale.
Ormai sono anni che il Dipartimento della Difesa USA ha operato in virtù di questo programma scellerato in Medio Oriente e Asia fino al 2020. Molte testate di giornali americani si erano occupate della presenza in vari paesi africani di gruppi ben organizzati e armati fino ai denti di mercenari che effettuavano operazioni militari colpendo anche numerosi civili innocenti e disarmati in piena libertà e crudeltà. L’attuazione del Programma 127 echo in varie parti del mondo risulta dalla consultazione di atti pubblici richiesti dai due giornalisti del sito The Intercept in base alla legge sulla libertà d’informazione.
Sempre dalla medesima fonte, considerando il periodo tra il 2017 e il 2020 gli USA operavano attraverso il Programma in varie parti del mondo. In particolare stando alle dichiarazioni del generale in pensione Joseph Votel vi sono molte altre operazioni, mai rese note, classificate come operazioni di antiterrorismo, in Egitto, Libano, Yemen, Siria. In un appunto ritenuto top secret si afferma che, grazie al Programma 127 echo il Pentagono riesce ad operare militarmente indirettamente in aree del mondo inibite anche alle forze scelte dell’esercito statunitense.
“Guerre per procura, appunto, in cui il Pentagono agisce senza sporcarsi direttamente le mani e senza il rischio di vittime fra i propri soldati: ad agire sul terreno sono pochissime unità specializzate, con funzioni strategiche, di addestramento e di supporto di milizie locali. Così in Tunisia, Niger, Libia, Irak, Camerun, Somalia: operazioni con nomi in codici come Obsidian Tower, o Exile Hunter, fronti aperti dove gli Usa condizionano e indirizzano conflitti e dinamiche di potere senza apparire e senza doversi giustificare nemmeno di fronte ai propri parlamentari.
Solo nel 2020, scrive The Intercept, le operazioni attive erano 19, di cui una non meglio identificata nella enorme regione indo-pacifica che include India, Cina, Giappone, Indonesia, Australia; cinque in Africa e ben 13 nel settore CentCom.” (CentCom: Medio Oriente e paesi africani limitrofi).
Da buon intenditore ed esperto della materia il generale Votel afferma convinto: “(…) “rende possibile perseguire obiettivi antiterrorismo utilizzando forze locali che possono adattarsi facilmente alle circostanze uniche della specifica area di operazioni” - ‘faccende sporche e lavoretti puliti’- “(…) niente più perdite americane, niente più sovrapposizioni, equivoci culturali e difficoltà operative dovute all’inesperienza sul campo, niente più rischi politici o reazioni dell’opinione pubblica”.
Amnesty e Human Rights Watch hanno ampiamente documentato “arresti arbitrari, sparizioni, torture, esecuzioni stragiudiziali, e possibili attacchi aerei e di terra contro civili” e chiedono di sapere con quali reparti militari egiziani collaborino le forze speciali Usa.
I due reporter di The Intercept evidenziano come l’attuazione del Programma 127 echo goda di ampia libertà di azione. Infatti le operazioni autorizzate includono il “supporto a forze straniere, irregolari, gruppi o individui” che partecipano alla guerriglia, e il Congresso ha autorizzato il Segretario alla Difesa a devolvere 15 milioni di dollari l’anno “ad attività clandestine per qualsiasi obiettivo da lui ritenuto idoneo alla preparazione dell’ambiente migliore per operazioni di natura confidenziale”, comprese attività di intelligence.
La scelta, la programmazione e l’attuazione delle varie operazioni sono lasciate alla libera creatività dei preposti in particolare Stephen Semler, co-fondatore del Security Policy Reform Institute, un centro studi indipendente di politica internazionale con sede negli USA che parlando dei reali scopi dell’organizzazione afferma: “ la comunità delle Operazioni Speciali non ama la burocrazia, e quindi si inventa continuamente delle Autorità di qualche tipo che riescano a superare gli ostacoli alle missioni. È in realtà un escamotage di pubbliche relazioni per vendere guerre senza fine”.
Comunque in America sono poche le voci che condannano un simile programma semi clandestino che rischia di ‘trascinare gli Usa in accuse di abusi di diritti umani e in conflitti all’estero nascosti al Congresso e al popolo americano”.
La bandiera della democrazia americana sventola sforacchiata dalle menzogne e dalle operazioni militari clandestine.