Cominciano con i dispetti, apparentemente innocui. Poi passano alle offese, a prima vista risibili. E dopo vengono le botte o, peggio ancora, la gogna mediatica. E d'altra parte chi compie questi gesti pare sia la persona che sta peggio: storie famigliari difficili alle spalle, molta rabbia dentro di sé e tanto odio verso tutto e tutti. Insomma, il fenomeno del bullismo è complesso, fa vittime su un fronte e sull'altro come la peggiore delle guerre. Ma di una cosa vi è certezza: va combattuto, prevenendo, soprattutto, e curando, laddove è troppo tardi.
Per questo il Parlamento sta esaminando un disegno di legge nazionale e per questo il Gruppo regionale del Pd ha presentato una sua proposta di norma regionale. Entrambi affrontano il bullismo tradizionale accanto a quello più evoluto: il pericolosissimo cyberbullismo.
Ma cosa si intende, scientificamente, con questi termini? Il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale, di natura sia fisica sia psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuto nel corso del tempo e attuato nei confronti di persone considerate dal soggetto che perpetra l'atto in questione come bersagli facili o incapaci di difendersi. L'accezione è principalmente utilizzata per fare riferimento a fenomeni di violenza tipici delle scuole. A partire dagli anni Duemila, con l'utilizzo di Internet e dei social-media, si è andato delineando l'altro fenomeno, anche in questo caso diffuso soprattutto fra i giovani, il cyber-bullismo. Le Regioni dalle quali provengono il maggior numero di segnalazioni sono la Lombardia (12,4%), il Veneto (10,2%) e il Lazio (7,2%).