Nella più totale indifferenza da parte di stampa e opinione pubblica, ieri il Senato ha varato la riforma della RAI. Secondo le intenzioni del governo, perché il parlamento anche in questo caso nulla ha fatto, la nuova RAI non dovrebbe essere più in mano ai partiti. Ma è proprio così? Il nuovo Consiglio di Amministrazione della RAI sarà composto da sette membri, di cui quattro eletti dal Parlamento, due dal governo e uno dai dipendenti. Il CdA, sulla base dell'indicazione del Tesoro, nominerà l'Amministratore Delegato che avrà, rispetto a quanto avveniva in passato, ampia autonomia nella gestione dell'azienda, sia dal lato economico che da quello editoriale. Non è necessario andare oltre per capire che una RAI così disegnata diventa palesemente l'organo di informazione del governo di turno. In questo caso, sarà una RAI smaccatamente targata PD, anzi, targata Renzi. Tanto per togliere dal campo qualsiasi dubbio, basti ricordare che è già stata prevista una norma transitoria che affiderà l'azienda all'attuale direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, leopoldino della prima ora e uomo di fiducia di Renzi. Tanto per non farsi mancare niente è pure previsto il ruolo di Presidente di Garanzia che, va da sé, non avrà alcun incarico operativo, ma servirà come foglia di fico alla maggioranza di turno per far credere che la RAI svolga realmente un servizio pubblico.