"Io nun intendo da sostitui' n'intollerante sestema de podere co' n'artro. Io vojo da libera' 'a curtura itagliana da 'n intollerante sestema de podere 'n cui nun potevi lavora' se nun te dichiaravi de 'na certa parte politica",

ha tuonato la sora premiere, Giorgia Meloni, da Catania dove si era recata per promuovere l'elezione a sindaco del candidato di destra-centro Enrico Trantino.
 
"Se nella Rai qualcuno deve misurarsi col merito - ha poi continuato la sora Meloni - e decide che non ce la fa e deve misurarsi con altro, non è un problema che possiamo porci noi. ... Ci avevano detto che la sinistra aveva una egemonia culturale, ma non era egemonia culturale, era egemonia di potere. E ora c'è nervosismo per la paura di perdere quel sistema di potere". Sono parole nette e definite quelle del presidente del Consiglio - commentano da il Giornale, una delle sedi dell'Agenzia Stefani 2.0 - dirette all'opposizione e alle sue battaglie strumentali e ipocrite che rischiano di distogliere l'attenzione dai veri problemi del Paese.

Quale sia nello specifico  l'egemonia culturale di cui parla Giorgia Meloni non è chiaro, come non è chiaro come questa debba essere "corretta".

In relazione allo spoils system della tv pubblica, l'attuale presidente del Consiglio deve aver avuto un vuoto di memoria, visto che l'alleanza politica di cui il suo partito è adesso il principale esponente ha già governato da tempo, imponendo in Rai i giornalisti graditi nell'occasione a Silvio Berlusconi...  e Mediaset. Quando parlava di sistema di potere ed egemonia culturale si riferiva anche a loro? E se non è così, perché?

Non lo ha spiegato.

Però ha parlato di merito. Quindi, lei garantisce che in Rai prima il merito non c'era perché quelli che conducevano trasmissioni e creavano programmi erano lì solo perché "de sinistra". 

In attesa di poter apprezzare il merito dei nuovi vertici Rai a guida (post) fascista, possiamo però già farci un'idea di quello che ci attende, considerando i meriti e le qualità che hanno avuto modo di dimostrare i ministri del suo governo, a partire dal cognato di Giorgia Meloni (perfetto esempio di meritocrazia), Francesco Lollobrigida.