Amnesty International ha appena pubblicato un rapporto dal titolo "The Ugly Side of the Beatiful Game", in cui viene descritto lo sfruttamento dei lavoratori utilizzati per la realizzazione degli impianti destinati ad ospitare la coppa del mondo di calcio del 2022 in Qatar. In particolare si fa riferimento alle condizioni di lavoro per la ristrutturazione del Khalifa International Stadium, che si trova nella Aspire Zone, detta anche Sport City, dal momento che lì si trovano anche altri impianti per le discipline più diverse.
La responsabilità dei lavori per il mondiale del 2022 grava sul "Comitato Supremo", un organismo creato appositamente dal governo del Qatar e che nel 2014 ha definito gli standard da rispettare in merito alle condizioni di lavoro nei cantieri, fra cui assunzioni corrette e non ingannevoli, soprattutto relativamente al salario pattuito, il rispetto delle scadenze di pagamento, il divieto di obbligare una persona a lavorare contro la sua volontà e la proibizione della confisca dei passaporti. Tutte norme sistematicamente non rispettate, secondo il rapporto di Amnesty.
La quasi totalità degli operai sono immigrati, provenienti prevalentemente dai paesi dell'Asia meridionale. Chi va in Qatar per lavorare deve avere uno "sponsor", di solito il datore di lavoro, senza la cui autorizzazione non può cambiare lavoro o lasciare il paese.
L'inganno ha inizio nel loro paese d'origine, dove vengono assunti da società di reclutamento, cui spesso devono pagare una somma non trascurabile al momento dell'assunzione, tanto che molti, allettati dalla promessa di un buon salario, sono disposti ad indebitarsi per farvi fronte. Arrivati, poi, in Qatar, scoprono che né il salario, né le condizioni di lavoro sono quelle promesse, come ha confermato la quasi totalità dei 234 operai intervistati da Amnesty. Ma a quel punto non hanno più alternative: sono costretti a lavorare, anche con una paga più bassa, per ripagare il debito contratto.
Gli operai sono alloggiati in campi squallidi, con stanze sovraffollate, e privi di un sufficiente numero di servizi igienici. In alcuni casi la strada principale di accesso al campo è stata inondata per la mancanza di adeguati impianti di drenaggio e ricoperta di materiale proveniente dalle fognature.
Alla maggioranza dei lavoratori è stato confiscato il passaporto, in modo da impedir loro di lasciare il paese. A operai provenienti dal Nepal, fu impedito di tornare in patria dopo i terremoti che colpirono il loro paese fra l'aprile e il maggio del 2015, per accertarsi delle condizioni dei loro familiari e prestare loro aiuto.
Gli stipendi non vengono pagati alla scadenza, ma regolarmente ritardati, anche di vari mesi. Un modo anche questo per impedire agli operai di lasciare il lavoro, per non rischiare di perdere definitivamente quello che è loro dovuto.
Amnesty ha potuto constatare che alcuni operai del cantiere del Khalifa Stadium sono stati obbligati a lavorare anche contro la loro volontà, dopo essere stati minacciati di non ricevere più le mensilità non ancora saldate, di essere espulsi dal Qatar o, al contrario, di non poter lasciare il paese, non venendo loro concesso il necessario permesso di uscita.
Nel rapporto, viene chiamata in causa anche la FIFA, per non aver esercitato i necessari controlli. Nessuno dei documenti della FIFA, relativi all'assegnazione dei mondiali 2022 al Qatar, contiene riferimenti al divieto di sfruttamento della manodopera ed al rispetto dei diritti umani dei lavoratori. Ancora più grave, secondo Amnesty, è il mancato intervento della FIFA negli ultimi cinque anni, durante i quali quanto stava avvenendo in Qatar è stato ripetutamente reso noto dai media, da organizzazioni umanitarie e dai sindacati.