Un anno di svolta per la Turchia, dopo mesi di campagne elettorali, il 31 marzo si tornerà alle urne per le elezioni municipali nelle maggiori città. A contendersi la vittoria troviamo i due partiti principali del Paese, l'AKP ovvero il partito di maggioranza, di stampo conservatore fondato dall'attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan, e il CHP, partito repubblicano di opposizione. Tutti gli occhi sono puntati su Istanbul, dove il sindaco Ekrem İmamoğlu del CHP sta cercando di assicurarsi altri cinque anni di mandato, ma Erdoğan è ben intenzionato a riprendere la città col suo cavallo di battaglia Murat Kurum, ex ministro dell'ambiente tra il 2018 e il 2023. Kurum si è fatto conoscere dopo il terremoto del febbraio 2023, quando ha guidato gli sforzi per la costruzione dei rifugi di emergenza.
Erdoğan fa leva su una ferita ancora aperta per la società turca: la paura di un nuovo sisma. Secondo gli esperti, infatti, se un terremoto simile a quello che ha interessato il sud-est del paese dovesse colpire Istanbul, la megalopoli non sarebbe assolutamente pronta. L’orientamento al profitto è stato la spina dorsale delle scelte di espansione e gentrificazione della città sempre più occupata dal cemento, alla luce di sempre nuove costruzioni e un'attenzione particolare al progresso tecnologico e allo sviluppo urbano.
Secondo l’analista Selim Koru, i candidati di Erdoğan sono destinati a fare molto bene alle elezioni, riconquistando molte delle principali città che hanno perso nel 2019. Nel complesso, il Paese inizia a vedere Erdoğan come una figura meno divisiva: “se riuscirà ad attirare verso di sé il partito İYİ, a vincere le elezioni municipali, a giocare d’astuzia in politica estera e ad avere un ragionevole successo con la sua ortodossia economica, avrà la lealtà e il sostegno di una maggioranza stabile, forse persino in leggera crescita”.
Stando alle parole del Presidente: "Questa è una finale per me, questa elezione sarà la mia ultima con l'autorità conferita dalla legge, il risultato sarà un trasferimento di fiducia ai miei fratelli che verranno dopo di me", come riporta Anadolu (agenzia di stampa turca).
Dopo aver vinto le elezioni dello scorso anno, Erdoğan è stato eletto con un mandato presidenziale che dura per cinque anni, fino al 2028, quando avrà 74 anni.
Il voto arriva a sei mesi dalla grave sconfitta dell’attuale segretario del partito popolare repubblicano (CHP), Kemal Kilicdaroglu alle presidenziali di maggio, vinte da Erdoğan: erano state le elezioni più combattute in Turchia da decenni ed erano sembrate l’occasione migliore a disposizione dell’opposizione per battere Erdoğan dopo vent’anni ininterrotti al potere. La sconfitta di Kilicdaroglu ha dato avvio a un grosso dibattito interno all’opposizione e al CHP.
ll CHP è da tempo il principale partito dell’opposizione turca: fu creato da Mustafa Kemal Atatürk, il padre della moderna Turchia, e oltre ad avere posizioni di centrosinistra è apertamente laico.
Il presidente Erdoğan è determinato alla riconquista di Istanbul perduta nel 2019, simbolo dell'identità religiosa del Paese di cui l'AKP si fa garante.
Apparso a Istanbul, prima di salire su un elicottero che lo avrebbe portato ad Ankara per il suo rituale discorso dal balcone : “Istanbul sono innamorato di te e ti riavremo!”, ha gridato dal suo pullman elettorale, riferendosi al fatto che l’opposizione controlla la megalopoli, cuore economico e dell’islam politico turco, da sempre bacino militante del suo Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP), sede di fondazioni islamiste, alcune delle quali dirette da esponenti a lui vicini e da suoi familiari. Ha già invitato i suoi sostenitori a mobilitarsi per le elezioni municipali e a riprendersi tutte le grandi città che il suo Ak Parti ha perso nel 2019.
Il Partito della Giustizia e dello Sviluppo si presenta sulla scena politica turca come un partito conservatore di destra che ha conciliato ispirazione religiosa e la laicità dello Stato garantendo un notevole equilibrio sociale, in un panorama politico molto variegato e ricco di contrasti tra cui si annoverano socialdemocratici (CHP), comunisti filo-curdi (HDP), fascisti ultranazionalisti (MHP), nazionalisti kemalisti (IYI) e islamisti (SP).