«Vengo qui da figlio di don Bosco per dire grazie a Rosmini e ai Rosminiani». Così il 1° luglio il cardinale Tarcisio Bertone a Stresa, nel giorno in cui ricorre la memoria liturgica del beato Antonio Rosmini. Una giornata di iniziative - prima la presentazione di un libro, poi la messa in santuario - che ha avuto come filo conduttore il rapporto tra i due santi formatori dell’Ottocento, entrambi impegnati nella cultura e nella carità, seppur in forme diverse.

Padre generale dei Rosminiani don Vito Nardin e una delegazione di Rosminiani sono stati recentemente ricevuti in udienza privata da Papa Francesco. A comunicarlo lo stesso padre generale al convegno al Calvario di studiosi del pensiero del Beato Antonio Rosmini dove è stato presentato anche il libricino dal titolo 'I pontefici e Antonio Rosmini' che era stato offerto al Papa nell'incontro dei partecipanti al Capitolo Generale dell’Istituto della Carità (Rosminiani) avvenuto il primo ottobre nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico.

Il pontefice ha incoraggiato i Rosminiani a proseguire la loro opera ricordando che il loro Istituto, con la specificità del carisma rosminiano, può ancora offrire un valido servizio nell’annuncio del Vangelo e li ha esortati a proporre con costanza e lungimiranza il patrimonio spirituale e dottrinale che hanno ereditato e si è soffermato inoltre sulla santità e sull'azione educativa. “La vostra visita manifesta l’attaccamento alla Chiesa e alla Santa Sede raccomandato e vissuto dal vostro Fondatore – ha detto il Papa ai Rosminiani - il Beato Antonio Rosmini.

È vissuto eroicamente. Egli amava ripetere: «Il cristiano dovrà nutrire in se stesso un affetto, un attaccamento, ed un rispetto senza limite alcuno per la Santa Sede del Pontefice Romano» (Massime di perfezione cristiana adattate ad ogni tipo di persone, Lezione III, n. 6). La santità e l’esercizio delle virtù non sono riservate a pochi, e nemmeno a qualche momento particolare dell’esistenza. Tutti possono viverle nella quotidiana fedeltà alla vocazione cristiana; i consacrati, in particolare, nella fedele adesione alla professione religiosa. In questo senso, il Beato Rosmini pregava: «O Dio, mandaci i tuoi eroi». Era evidente in lui ciò che ho sottolineato nel recente Motu proprio Majorem hac dilectionem sull’eroicità della vita, cioè «un’offerta di vita per gli altri, mantenuta fino alla morte» (n. 5). La santità è la via della vera riforma della Chiesa, che, come ben vide Rosmini, trasforma il mondo nella misura in cui riforma sé stessa. Il vostro Fondatore ha voluto attribuire alla sua famiglia religiosa la denominazione “Istituto della carità”, proprio per evidenziare la supremazia della virtù della carità, che, come dice l’Apostolo, va posta «al di sopra di tutto» (Col 3,14). E il Rosmini – ha proseguito il Papa - accompagnava la carità con una forte “fermezza interiore”, intrepido nel “tacere”: il suo esempio vi sproni a progredire nella fecondità del silenzio interiore e nell’eroismo del silenzio esteriore. Questa è la strada che produce frutti di bene e di santità, la strada che hanno percorso i Santi e che la Chiesa indica ad ogni credente. È importante altresì mantenere quella “santa indifferenza” che il vostro Fondatore attinse da Sant’Ignazio di Loyola: senza di essa non è possibile attuare un’autentica carità universale. Nella vostra attività ecclesiale, vi invito a disporre le opere di carità corporale, intellettuale, spirituale e pastorale in modo tale da assecondare sempre lo Spirito Santo che indica dove, quando, e come amare. Per quanto riguarda l’azione educativa, essa non si riduce a semplice istruzione, ma è carità intellettuale. Infatti, il centro vivo dell’educazione cristiana è la scienza che viene trasmessa a partire dalla Parola di Dio, la cui pienezza è Gesù Cristo, Verbo fatto carne”.

Il papa ha ricordato la presenza apostolica dei rosminiani che si è irradiata in India, in Tanzania e Kenya, oltre che nell’area degli Stati Uniti d’America e dell’Europa. “Vi incoraggio - ha concluso - ad essere uomini dalle mani sempre tese verso i sofferenti, per portare loro il soccorso della fede e della carità. Penso in particolare ai vostri confratelli e alle Suore rosminiane che operano in Venezuela, chiamati a testimoniare prossimità spirituale e materiale alla popolazione così duramente provata. E’ bene che anche il vostro Istituto continui a riflettere attentamente sul proprio carisma e, considerando i frutti che sono maturati nel corso degli anni, possa aprirsi sempre più alle attese della Chiesa e del mondo. Con la luce dello Spirito Santo, troverete le vie per proseguire con slancio rinnovato, cogliendo i segni dei tempi, le urgenze sociali e le povertà spirituali e materiali di quanti attendono parole e gesti di salvezza e di speranza.

In questa opera apostolica siete affiancati dagli “Ascritti”, chierici e laici che, vivendo nel mondo, desiderano conseguire la perfezione evangelica in comunione con il vostro Istituto. È bene che essi siano resi sempre più partecipi della vostra vita comunitaria. Il vostro Istituto, con la specificità del carisma rosminiano, può ancora offrire un valido servizio nell’annuncio del Vangelo. Vi esorto a proporre con costanza e lungimiranza il patrimonio spirituale e dottrinale che avete ereditato. Le inevitabili difficoltà non vi scoraggino, ma vi spingano a confidare sempre in Dio per continuare con gioia e speranza la missione che Lui vi ha affidato.

Lo Spirito Santo vi renda strumenti vivi della carità universale nella Chiesa e nel mondo, capaci di aiutare quanti incontrate nel vostro apostolato a rinnovare incessantemente la speranza, che «non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Vi affido alla materna protezione della Vergine Maria e di cuore vi imparto la Benedizione apostolica”. E come in ogni suo discorso il Papa ha concluso. “Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie”.