L'esercito turco, nel pomeriggio di sabato, ha annunciato l'avvio di un'operazione militare nel distretto di Afrin, che si trova a nord ovest di Aleppo al confine con la Turchia.

Lo scopo della missione? Liberare la regione dal controllo dei militanti curdi, che in quella zona fanno capo al PYD (Partiya Yekîtiya Demokrat, Partito dell'Unione Democratica) e all'YPG (Yekîneyên Parastina Gel, Unità di Protezione Popolare), e ricostruirne le infrastrutture sociali ed economiche.

Mosca, in una dichiarazione del ministero degli Esteri, ha accolto la notizia con preoccupazione, ribadendo che la soluzione della crisi siriana si basa anche sulla salvaguardia dell'integrità territoriale della Siria e sul rispetto della sua sovranità.

Mosca, che chiederà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di esprimersi contro l'azione militare della Turchia, ha nel frattempo ritirato le proprie truppe dispiegate nella zona di Afrin, per garantirne l'incolumità.

Da parte loro, le Forze Democratiche Siriane - che sono sostenute militarmente dall'appoggio diretto degli Stati Uniti - composte da milizie curde ed arabe, impegnate nell'area, hanno confermato la loro intenzione di difendersi nel caso venissero attaccate.

Al momento, non sono stati registrati scontri diretti, però i miliziani dell'YPG hanno dichiarato che aerei da guerra turchi hanno bombardato la città di Afrin ed alcuni villaggi nelle sue vicinanze, avendo come obbiettivo le aree residenziali.

Non si conosce il numero delle persone che siano rimaste vittime dei bombardamenti, ma testimoni parlano di diversi feriti che sono stati ricoverati negli ospedali.

L'esercito turco conferma l'attacco aereo, sottolineando però che è stato effettuato contro postazioni della milizia curda.

L'attacco di oggi, chiamato dalla Turchia col nome quanto mai beffardo di Operazione Ramo d'Olivo, fa seguito agli avvertimenti nei confronti dei curdi dell'YPG in Siria che erano stati lanciati nelle scorse settimane dal presidente Tayyip Erdogan e dai suoi ministri.

La Turchia considera l'YPG un'estensione del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), considerato fuorilegge dal governo di Ankara, per aver organizzato e supportato tre decenni di insurrezione nel sud-est del paese.