Questo venerdì, a Montecitorio, il Presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha illustrato il “Rapporto annuale 2022. La situazione del Paese”.

Questo il riassunto:

"Dopo una crescita record nel 2021 (+6,6%), a inizio anno il Pil dell'Italia è tornato sui livelli di fine 2019, anche se con progressi non uniformi tra i settori. Dalla seconda metà dello scorso anno lo scenario internazionale si è gradualmente deteriorato per effetto di strozzature dal lato dell'offerta e di consistenti spinte inflazionistiche, esacerbate dall'invasione russa dell'Ucraina. Quest'ultima ha anche peggiorato le attese, così come il cambio di intonazione della politica monetaria.

Coerentemente, le prospettive di crescita mondiali per il 2022 e il 2023 sono peggiorate e quelle per l'Italia, pur restando positive, sono in decelerazione. L'inflazione a giugno ha raggiunto l'8,0% per l'indice NIC, ai massimi da gennaio 1986, sospinta dai rincari delle materie prime, in particolare del gas naturale, il cui prezzo è aumentato di circa sei volte.

Guardando al futuro, la sfida della transizione ecologica – alla quale il PNRR dedica circa 85 miliardi di euro di investimenti – è particolarmente rilevante per il nostro Paese, che dipende dall'estero per oltre tre quarti dell'approvvigionamento energetico, principalmente di petrolio e gas naturale. Nell'ultimo decennio risparmi importanti sono stati conseguiti nei consumi dell'industria, molto minori quelli delle famiglie mentre sono rimasti stabili i consumi del terziario.

Di rilevanza strategica per sostenere lo sviluppo è anche la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche, che dispongono di un organico ridotto e invecchiato: oggi l'età media dei dipendenti è di quasi 50 anni rispetto ai 42 circa nel settore privato. Oltre che nella semplificazione delle procedure amministrative, la sfida è rivolta allo sviluppo del capitale umano e al pieno sfruttamento delle tecnologie digitali per l'offerta di servizi.

In questa prospettiva sono incoraggianti le esperienze dell'ultimo biennio. Le istituzioni pubbliche hanno rinforzato le assunzioni e la formazione e continuato a erogare servizi nonostante la maggior parte del personale operasse da remoto, ed è cresciuto l'utilizzo delle piattaforme digitali pubbliche da parte di cittadini e imprese".


Per chi desiderasse una sintesi del rapporto, questi i link suggeriti:


Alcuni passaggi della presentazione:

Benché le misure adottate dal governo siano state, come era accaduto durante la pandemia, puntuali e mirate, la ripresa è stata messa a rischio dal sovrapporsi di diversi fattori: dal prolungarsi della guerra, alla crescente inflazione, agli effetti dei cambiamenti climatici, all'acuirsi delle diverse forme di disuguaglianza, che purtroppo rappresentano una pesante eredità del passato biennio.


L'emergenza sanitaria ha modificato le abitudini della popolazione, con un impatto rilevante sui vari aspetti della quotidianità: sull'organizzazione della giornata, sugli stili di vita, sul modo in cui sono state coltivate le relazioni parentali e amicali, sul tempo libero, sul lavoro. Gli stravolgimenti della vita quotidiana conseguenti al lockdown del bimestre marzo-aprile 2020 si sono attenuati nei mesi successivi e sono stati trasversali.


In meno di due anni, tra la metà del 2020 e l'inizio di quest'anno, l'economia italiana ha recuperato per intero l'eccezionale caduta del Pil associata alla pandemia da COVID-19. Nel 2021, grazie a un forte dinamismo nella parte centrale dell'anno, l'economia è cresciuta del 6,6 per cento, più della media dell'area euro dopo aver subito nel 2020 una caduta maggiore. Tuttavia a seguito del peggioramento del quadro internazionale, nella prima parte del 2022 la crescita si è molto affievolita nel nostro Paese come nel complesso della Unione europea.

Dopo l'eccezionale crescita del deficit e del debito del 2020, che sommava gli effetti dello squilibrio di bilancio e della caduta del Pil, nel 2021 il quadro di finanza pubblica ha segnato un sostanziale miglioramento. Nonostante il disavanzo sia rimasto ancora al 7,2 per cento del Pil, il forte rimbalzo dell'attività ha consentito di ridurre il rapporto tra debito e Pil di 4,5 punti percentuali: siamo al 150,8 per cento, con un calo più ampio di quello previsto nei documenti programmatici. 

L'invasione russa dell'Ucraina dello scorso febbraio ha provocato nuovi rialzi dei costi, aumentando anche l'incertezza geopolitica e quella sulla stabilità delle forniture energetiche. 


Particolarmente critica la situazione dell'agricoltura, il cui valore aggiunto è sceso sia nel 2020 che nel 2021. Agli effetti negativi sul comparto, dovuti agli strascichi della crisi sanitaria e allo shock bellico, nel 2022 si è aggiunta l'emergenza climatica. La carenza di risorse idriche sta colpendo in maniera particolare le regioni settentrionali nel bacino del Po anche a causa delle perdite degli acquedotti che nei capoluoghi di provincia è pari al 36,2 per cento dell'acqua immessa in rete. Il PNRR ha destinato 4,38 miliardi per garantire la gestione sostenibile del ciclo delle risorse idriche evitando sprechi e per il miglioramento della qualità ambientale delle acque marine e interne. Un investimento fondamentale per avviare gli interventi più urgenti. Il fatto tuttavia che l'agricoltura assorba circa la metà degli utilizzi delle risorse idriche del Paese rende però necessario strutturare un piano più ampio di azione.

Il tasso di occupazione, a marzo 2022 ha segnato il valore più elevato da quando è disponibile la serie storica (gennaio 2004) e nei mesi successivi, in concomitanza con la lieve riduzione della dinamica occupazionale, è rimasto comunque prossimo ai valori record registrati nei mesi precedenti.
Il recupero ha riguardato tutte le categorie di occupati, anche se è stato guidato dall'occupazione dipendente a tempo determinato, che era stata colpita più intensamente nella fase recessiva associata alla pandemia.

Una delle caratteristiche peculiari dell'impatto della pandemia sul mercato del lavoro italiano nel 2020 è stato il costo particolarmente alto pagato dall'occupazione femminile e dai giovani, duramente colpiti dagli effetti recessivi dell'emergenza sanitaria a causa della maggiore vulnerabilità del tipo di lavori svolti. Va però detto che i notevoli progressi osservati nel 2021 e nei primi mesi del 2022 hanno consentito il recupero e il superamento dei livelli occupazionali pre-pandemici anche per i giovani da 25 a 34 anni. L'occupazione per titolo di studio conferma, anche per il biennio pandemico 2020

Diminuisce il lavoro indipendente, che rappresenta un quinto degli occupati, per effetto del calo degli imprenditori, dei lavoratori in proprio (agricoltori, artigiani, commercianti), dei coadiuvanti e dei collaboratori. Aumenta il lavoro dipendente a tempo determinato soprattutto con contratti di breve durata. Quasi la metà dei dipendenti a termine ha un'occupazione di durata pari o inferiore ai 6 mesi. Negli anni è aumentata anche l'occupazione part-time, che nel 2021 riguarda quasi un quinto degli occupati e nella maggioranza dei casi è involontario. Ed è proprio questa la forma di part time che ha mostrato la crescita più consistente.


La povertà assoluta, nell'ultimo decennio, è progressivamente aumentata e, nel biennio 2020-2021, ha raggiunto i valori più elevati dal 2005, coinvolgendo oltre cinque milioni e mezzo di persone. Anche la connotazione delle famiglie in povertà assoluta è progressivamente cambiata.
L'incidenza è diminuita tra gli anziani soli, è rimasta sostanzialmente stabile tra le coppie di anziani ed è fortemente cresciuta tra le coppie con figli, tra i nuclei monogenitori e tra le famiglie di altra tipologia. Il fenomeno ha inoltre progressivamente coinvolto sempre più famiglie di occupati,
mentre si conferma e si amplia nel tempo la stratificazione della povertà per area geografica, età e cittadinanza ed è molto aumentata la povertà dei minori e dei giovani.

Le misure di sostegno economico erogate nel 2020, in particolare reddito di cittadinanza e di emergenza, hanno permesso a 1 milione di individui di non trovarsi in condizione di povertà assoluta. L'effetto è stato maggiore per il Mezzogiorno, per le famiglie con a capo un disoccupato, per le famiglie di stranieri, per le coppie con figli e i nuclei monogenitore.

L'accelerazione inflazionistica che ha caratterizzato la seconda metà del 2021 e i primi cinque mesi del 2022 rischia di aumentare le disuguaglianze, sia per la diminuzione del potere d'acquisto, particolarmente marcata proprio tra le famiglie con forti vincoli di bilancio, sia per effetto delle tempistiche dei rinnovi contrattuali, più lunghe in settori caratterizzati da bassi livelli retributivi. 


La crescita delle disuguaglianze impone di costruire nuovi sistemi di misurazione che tengano conto delle specificità dei differenti soggetti sociali e delle forme del disagio che stanno emergendo. In questi ambiti Istat è in grado di svolgere il ruolo di catalizzatore, mettendo a disposizione conoscenze e alte professionalità per definire quadri informativi e analisi utili all'intero Paese.