La necessità di porre fine a quella che finora è stata una propaganda negativa per il marchio - a causa di trimestrali, dati produzione, consegne, fatturato - Tesla, secondo Elon Musk, non potrà che giovarsi dal diventare, di nuovo un'azienda privata.

Dopo le difficoltà iniziate con la produzione dell'auto di fascia media Model 3, passo indispensabile per poter pensare di affrontare in futuro la concorrenza sull'elettrico da parte delle case automobilistiche "tradizionali", Musk ha pensato fosse più utile per Tesla ritirare dalle contrattazioni in borsa il proprio titolo.

Niente di straordinario. È un'operazione prevista e già fatta in passato. Il problema di Musk, però, è quello di far sapere al mercato con quali soldi finanzierà i 420 dollari per azione proposti ai possessori di un titolo azionario Tesla per convincerli a rivendergli la quota.

Attualmente, nessuno lo sa. Neppure il Consiglio d'amministrazione che, però, entro la prossima settimana chiederà lumi in proposito al proprio amministratore. Nel frattempo, alcuni azionisti hanno pensato bene di muovere i primi passi per una class action nei confronti di Musk.

Sono gli speculatori a breve termine che avevano scommesso sul ribasso del titolo Tesla e sono rimasti spiazzati dalla notizia del delisting che, ovviamente, ha fatto schizzare in alto la quotazione di Tesla, considerando i 420 dollari proposti. In base ai termini di scadenza della scommessa, alcuni di loro hanno dovuto ricoprire la posizione proprio in concomitanza o poco dopo l'annuncio di Musk via twitter. È evidente che hanno perso dei soldi.

Però, non sono convinti che il modo di agire del Ceo di Tesla sia stato corretto, perché non ha fatto sapere chi finanzierà l'operazione di riacquisto. Per loro è stata solo una mossa speculativa per far salire il titolo e per questo si sono rivolti al tribunale di San Francisco. Un nuovo capitolo di questa vicenda.

Intanto, in base a quanto anticipato in esclusiva da Reuters, un attore importante è stato derubricato dalla lista dei possibili finanziatori che dovrebbero prestare i soldi per il buy back. Si tratta del PIF. Nulla a che vedere con il personaggio tv. Si tratta invece del Public Investment Fund, il fondo sovrano dell'Arabia Saudita che è tra gli azionisti di minoranza di Tesla e che da tempo sta investendo e molto in aziende del settore dell'alta tecnologia.

Ma neppure i sauditi sembrano interessati a finanziare l'operazione da 72 miliardi di dollari per il delisting di Tesla. Pertanto, il mistero continua...