I rapporti di forza si sono invertiti. Nel drammatico caso Regeni, in cui l'Italia non riesce ad avere elementi indispensabili per chiarire le cause della morte del giovane ricercatore italiana torturato a Il Cairo, ora l'Egitto tenta di ribaltare la questione.
Dal Cairo arriva l'accusa agli italiani di voler "sfruttare" politicamente il caso di un ragazzo barbaramente torturato e ucciso "per questioni interne".
Roma, per bocca del premier Matteo Renzi e del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, insiste nella richiesta di "verità" a tutti i costidopo il fallimento registrato fino ad oggi nelle indagini e insiste in particolare nella richiesta dei tabulati telefonici, ritenuti indispensabili dai magistrati romani ma che Il Cairo non intende assolutamente consegnare perchè, sostiene, si violerebbe la costituzione e "la privacy" di centinaia di migliaia di cittadini.
La beffa della privacy
"Le indagini investigative nel mondo si fanno molto spesso basandosi sui tabulati, sulle intercettazioni" e se non ci fossero "buona parte delle indagini che si fanno anche nei Paesi più attaccati alla privacy non si farebbero", ha ricordato dal Giappone Gentiloni.