Potremo mica sfuggire a un omaggio a Sean Connery, scomparso ieri novantenne alle Bahamas, immaginiamo per anzianità  e senza far balenare il solito spettro che aleggiava fino a qualche mese fa. Se ne vanno anche i ricchi e famosi: certo, oggi una “quota 96” non si vorrebbe negare a nessuno e novanta appaiono pochini, ma pazienza: il “rivale” Roger Moore se n’è andato a 87, e lasciamo da parte gli altri 007, di cui poco ci importa.

Sean, ex culturista scozzese, della cui carriera hanno già parlato e in questi giorni optime fanno tanti altri, è ricordato per molte ragioni extra carriera, soprattutto due: l’odio per l’Inghilterra e il maschilismo estremo ( quasi peggio di John Wayne).

Il primo aspetto fa alquanto a pugni con l’immagine del bel Sean inginocchiato dinanzi alla regina in una ridicola cerimonia di investitura; sul secondo, tutto quello che possiamo desiderare è che i giornali abbiano esagerato e Connery non abbia proferito certe frasi.

Vero è che egli ha rivestito diversi ruoli come quello, in cui appare alquanto improbabile, ne “Il nome della Rosa”, ma è ricordato soprattutto come il primo interprete di quell’agente segreto, con licenza di uccidere, che lottava contro la Spectre, il grande fratello che manipolava le sorti del mondo (chissà perché al cinema il complottismo piace) e più di una volta menava le donne: un pessimo esempio.