La decarbonizzazione dell'Ilva con il conseguente utilizzo del gas per alimentare gli altiforni, sponsorizzato dal presidente della regione Puglia Michele Emiliano, è uno dei temi a cui oggi il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio non è in grado di dare risposta. Lo ha detto lui.

Per quale motivo? A causa del bando di gara voluto e firmato dal precedente Governo e, in particolare, dal "genio" - parole di Di Maio - del ministro dello Sviluppo che lo ha preceduto, Carlo Calenda.

Nella conferenza stampa che ha fatto seguito all'ennesima riunione di questo lunedì al Mise tra ArcelorMittal, sindacati e Governo, il ministro Di Maio ha messo di nuovo sul banco d'accusa quanto fatto dal precedente governo, sia in relazione al bando che alla firma del contratto che ha assegnato la gara ad ArcelorMittal.



L'incontro di oggi era stato programmato per verificare se da parte dell'azienda acquirente vi fosse la possibilità di fare un passo avanti per quanto riguardava il precedente piano occupazionale. Ma ArcelorMittal, forte dell'accordo firmato da Calenda, non vuole recedere dall'assumere nella nuova Ilva solo 10mila degli attuali 14mila dipendenti, come stabilito nell'offerta con cui ha vinto la gara.

E proprio in relazione a questo, Di Maio ha criticato pesantemente il bando redatto all'epoca di Gentiloni, perché attribuiva metà del punteggio per l'assegnazione alla parte economica dell'offerta, mentre l'altra metà era suddivisa tra le modalità di gestione di occupazione e ambiente, in pratica i due nodi su cui è incagliata da mesi la vicenda Ilva.

Quali siano i piani dell'attuale Governo sugli impianti di produzione dell'acciaio di Taranto e Genova, dopo sei anni da quando si è aperta la crisi e 9 decreti, non è chiaro, anche perché Di Maio ha detto che vuole conoscere in merito anche il parere dell'Avvocatura dello Stato, a cui si è rivolto perché valuti la validità della gara e della sua assegnazione.

Una spada di Damocle, così definita dallo stesso ministro dello Sviluppo.


I sindacati, come sottolineato anche da una dichiarazione della segretaria della Fiom Francesca Re David prima che iniziasse la riunione, non recedono dalla salvaguardia occupazionale: «Dal governo ci aspettiamo delle risposte circa l'occupazione e i diritti dei lavoratori dell'Ilva.

Noi ci aspettiamo quello che avevamo detto dal primo momento: non si può pensare che a conclusione della trattativaci sia anche un solo licenziamento. C'è bisogno che ci sia una collocazione per tutti i 14 mila lavoratori visto che l'ipotesi è quella di raddoppiare la quantità di acciaio e c'è bisogno che a tutti vengano riconosciuti tutti i diritti e non solo nuovi lavori.

C'è continuità con il lavoro attualmente in atto, quindi tutti i diritti e i contratti integrativi vanno garantiti e anche l'occupazione per tutti. Oggi ci aspettiamo che il governo ci parli e che vada oltre a dire che l'occupazione non è sufficiente, ma che ci dica qual è il punto di vista del governo e cosa pensa rispetto al tema dell'occupazione per quanto riguarda l'Ilva e i diritti dei lavoratori.»


Come è evidente da quanto riportato, il Governo ha dichiarato apertamente di non essere in grado di dare risposte, dicendo di avere le mani legate a causa di quanto fatto in precedenza dal governo Gentiloni, rimandando qualsiasi decisione a dopo aver conosciuto nel merito il parere dell'Avvocatura dello Stato... ammesso che sia effettivamente così.

In ogni caso, entro il 24 agosto Di Maio dovrà dare una risposta definitiva sulle sorti di Ilva ad ArcelorMittal, ai sindacati, ai lavoratori e ai cittadini di Taranto.