Sull'ergastolo ostativo si è di recente pronunciata anche la Cassazione ritenendo - a ragione - che la nuova normativa del 31 ottobre 2022 - dopo le sollecitazioni della Consulta - ha fatto della mancanza di collaborazione con la giustizia una preclusione soltanto relativa e ha previsto l'accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative anche per i detenuti non collaboranti, ovviamente condannati per reati ostativi, seppure in presenza di stringenti e concomitanti condizioni. C’è finalmente un punto fermo del giudice di legittimità.

L’azione repressiva nei confronti delle mafie ha funzionato grazie a cinque pilastri portanti: i collaboratori di giustizia, l'ergastolo ostativo, il 41 bis, il sistema delle confische ante delictum e la cooperazione internazionale. “Ho più volte rimarcato che da qualche tempo una parte di questi pilastri sia messa in discussione senza rendersi conto delle possibili conseguenze”.

“Senza queste norme stringenti (mi riferisco principalmente all’ergastolo ostativo e al 41 bis) tutti i capi mafia come, ad esempio, Paolo Di Lauro (morto nel 2022), Leoluca Bagarella, Nino Madonia, i fratelli Graviano o Giuseppe De Stefano, avrebbero avuto accesso ai permessi premio e in pochi giorni sarebbero stati in grado di ricostruire le loro cosche che lo Stato ha impiegato anni a rendere inoffensive.

Sbaglia chi pensa che si possa fare argine alle mafie senza questi minimi istituti. Con una mafia evoluta come l’attuale, senza questi istituti non si va da nessuna parte poiché si combatte una “guerra” persa in partenza.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.