Il governo dell'inflessibilità, da giorni, sta provando a far miracoli. Da una parte cerca di rispettare le promesse elettorali dando il via a partire dal 2019 sia all'abolizione della legge Fornero che al reddito di cittadinanza. Dall'altra cerca di farlo diminuendo le risorse necessarie, per soddisfare così le richieste della Commissione Ue, che pretende che i conti dello Stato per il 2019 rientrino nelle direttive del patto di bilancio.

Il Governo del cambiamento ha dapprima cambiato la manovra, scorporando revisione della Fornero e reddito di cittadinanza, in modo che entrino in vigore sì dal 2019, ma dopo che i relativi ddl saranno approvati in Parlamento. Una roba che, causa i tempi di approvazione, farebbe avviare i provvedimenti, ben che vada, solo a primavera inoltrata, diminuendone di conseguenza l'impatto sui conti del 2019.

Questo farebbe diminuire la percentuale del rapporto deficit/Pil indicato per il 2019 al 2,4% di qualche decimale.

In una intervista a La Stampa, il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha però ricordato che "qualche decimale" in meno non farebbe la differenza: «Siamo notevolmente fuori... serve una correzione consistente.»

La correzione consistente, in questo caso, non parrebbe altrimenti raggiungibile se non con la rinuncia di uno dei due provvedimenti simbolo dell'attuale governo: revisione Fornero o applicazione del reddito di cittadinanza. Ma visto che i due provvedimenti sono bandiere di cui Lega e 5 Stelle si sono appropriate e a cui nessuna delle due forze politiche vuole rinunciare, anche rimandandone l'approvazione di un anno, difficile che si riesca a trovare la quadratura del cerchio.

Il Governo continua a ripetere che vuole dialogare con l'Ue, ma non si sa bene in che modo ciò sia possibile, visto che, come ha ripetuto il vicepremier Di Maio oggi in Abruzzo, «non possiamo tradire le promesse fatte perché non siamo come tutti gli altri governi. Le promesse si manterranno, non ci saranno slittamenti.»

I due vecepremier, di fatto titolari della presidenza del Consiglio, continuano quindi la politica del muro contro muro, dimenticando di dire ai propri sostenitori che gli eventuali benefici da loro prospettati saranno comunque sicuramente azzerati dai maggiori costi certi che il Paese (banche, aziende, mutuatari...) dovrà sostenere per l'aumento degli interessi sul debito che questo scontro con l'Europa sta già causando.

Il ministro dell'Economia Tria aveva inizialmente ipotizzato una legge di bilancio in linea con le regole europee... ma subito è stato ripreso dai due titolari del Governo nel momento in cui hanno capito che non avrebbero potuto, contemporaneamente, dar seguito alle loro promesse sin dal 2019.

Adesso si parla di dialogo, ma senza che Commissione Ue e Governo diano l'impressione di rinunciare alle loro posizioni, la prima forte delle regole che la stessa Italia ha accettato, il secondo forte del consenso degli elettori e della speranza che nuove condizioni politiche in Europa dopo il rinnovo del Parlamento europeo gli permettano di fare ciò che oggi gli viene proibito, dimenticandosi però che anche i Paesi politicamente allineati con il Governo italiano pretendono che il nostro Paese rispetti le attuali regole di bilancio... e non si capisce perché tra qualche mese dovrebbero cambiare parere.