Comunicare la violenza è il convegno patrocinato dalla Rai, che si è tenuto a Roma.

La comunicazione è fondamentale, non bisogna distorcere le notizie e soprattutto il linguaggio, e questo vale ancor di più per la stampa e per i media.

Le parole usate, con il giusto significato e nel momento giusto, servono, soprattutto alle donne, per riconoscere chi hanno davanti chi e che cosa debbono affrontare. Ma le parole usate non devono neppure essere utilizzate per mettere paura, ansia, terrore.

Le donne devono essere pronte a poter affrontare qualsiasi ostacolo, anche se in alcuni casi il linguaggio utilizzato potrebbe impedir loro di voler saper. Comunque, oggi, anche grazie alla comunicazione digitale, le donne sono più preparate ad affrontare la realtà.


Lella Palladino, presidente D.i.Re e Linda Laura Sabbadini hanno aperto la discussione con uno sguardo anche ai dati. Rispetto al passato e grazie all’azione di sensibilizzazione, le donne, soprattutto le più giovani, riescono a prevenire e a contrastare meglio la violenza.

Sabbadini, che ha diretto le indagini su condizioni e qualità della vita dal 2001 al 2011 e il Dipartimento delle statistiche sociali e ambientali dal 2011 al 2016, oggi è una editorialista de La Stampa.

Durante l’intervento ha spiegato che le ultime rilevazioni Istat rivelano che le donne “fermano prima la violenza perché oggi hanno più strumenti per riconoscerla mentre restano stabili le violenze più gravi: stupri e uccisioni di donne”.

Anche i media hanno un ruolo fondamentale nel dare alle donne, e non solo, una maggiore consapevolezza quando contrastano quella sottocultura che legittima l’oppressione sessista. Smascherare le dinamiche del maltrattamento o dello stupro significa uscire dalla narrazione romanzata o dalla colpevolizzazione delle donne e rifiutare qualsiasi giustificazione delle azioni criminali dei violenti.

Esiste un legame tra media e cultura, tra media e tutori dell’ordine o magistratura. Sono vasi comunicanti che ci indicano il livello di tolleranza della sottocultura sessista, influenzandosi reciprocamente nella rappresentazione e poi nell’analisi della violenza machista fino alla valutazione processuale dei reati commessi.