La messa è finita, la chiesa siciliana è senza preti. Il Vaticano: "C'è un'emorragia". Per il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati, che commenta l'articolo che riporta alcuni dati sulla crisi delle vocazioni della Sicilia (diocesi Palermo), non serve perdere ancora tempo in discussioni teologiche: "urge una riforma del Codice di Diritto Canonico che riammetta in servizio attivo nella Chiesa o preti sposati con le loro famiglie.
Papa Francesco si muova velocemente e senza esitare in tale senso" è l'invito rivolto dal Movimento al Pontefice.
Di seguito l'articolo:
"Crisi di vocazioni: ultimi 171 seminaristi. A Piano Zucchi manca il sacerdote e la curia ha affidato la parrocchia ad alcune famiglie di laici.
La chiesa del futuro, neppure troppo lontano, è senza preti. I dati della Conferenza episcopale fotografano l'attuale situazione dell'Isola. In Sicilia ci sono otto seminaristi ogni cento sacerdoti diocesani, 18 ogni 500 mila abitanti. Un trend in linea col resto d'Italia che preoccupa la Santa Sede e ha portato il Papa a parlare più d'una volta di "emorragia di sacerdoti". I seminaristi si sono ridotti del 30 percento in dieci anni, di oltre il 60 per cento rispetto a cinquant'anni fa. La crisi delle vocazioni è fortissima e i giovani che frequentano le parrocchie sono sempre meno. È in questo quadro, drammatico, che la chiesa si ripensa. Si mette anche in gioco. Prova ad anticipare i tempi. Accoglie le novità e cerca di sopperire alla carenza di preti con i laici.A Piano Zucchi, tra le querce del parco delle Madonie, c'è una parrocchia affidata a un gruppo di famiglie. È il primo e, al momento, unico caso in regione. Altri se ne stanno avviando, pian piano, nel Paese. Si tratta di venti coppie di sposi laici, appartenenti all'ufficio della pastorale familiare diocesana, i cui responsabili sono i coniugi Toti e Rita Sireci. Lo ha deciso il vescovo di Cefalù monsignor Giuseppe Marciante, della cui diocesi la chiesa fa parte. Lo prevede del resto il codice di diritto canonico: "nel caso che il vescovo diocesano, a motivo della scarsità di sacerdoti, abbia giudicato di dover affidare ad una persona non insignita del carattere sacerdotale o ad una comunità di persone una partecipazione nell'esercizio della cura pastorale di una parrocchia, costituisca un sacerdote come moderatore " recita il canone 517 del codice.Ad affiancare i laici c'è don Paolo Cassaniti, giovane prete di 38 anni originario di Petralia Soprana. A lui il compito di garantire i sacramenti e le celebrazioni eucaristiche, mentre le famiglie si occupano delle attività formative e dei corsi rivolti ai fedeli. "È sbagliato pensare che il prete sia il comandante della nave - dice don Paolo Cassaniti - nella nostra parrocchia c'è una corresponsabilità tra sacerdote e sposi laici. Puntiamo sulla funzione centrale delle famiglie in chiesa e, più in generale, nella società come già diceva Aristotele ne " La politica" ".La domenica la messa viene celebrata all'aperto quando fa bel tempo. Poi si condivide il cibo. Ognuno porta qualcosa, si suona. Nel pomeriggio si svolgono le attività formative. "La chiesa prima era frequentata da pochi villeggianti - aggiunge don Paolo - Ultimamente ci sono state domeniche in cui sono arrivate 300 persone da tutta l'Isola. Questo primo esperimento siciliano è un rimedio contro il clericalismo. Non possiamo più essere solo noi preti a nutrire i fedeli con la parola di Dio".È anche una necessità in un periodo in cui il crollo delle vocazioni si sente eccome. Perché è vero, ad oggi l'Isola regge ancora con 2.078 sacerdoti diocesani e 1.732 parrocchie. Ma l'ultimo report dà solo 171 seminaristi in tutta la regione. E, ogni anno, si deve bilanciare il numero di sacerdoti che non ci sono più o troppo anziani per proseguire. " Con i dati attuali ci avviamo davvero verso una chiesa senza preti e con una sempre maggiore responsabilità dei laici in parrocchia - osserva don Silvio Sgrò, rettore del seminario arcivescovile di Palermo che accoglie anche i seminaristi delle diocesi di Mazara del Vallo, Piana degli Albanesi, Trapani e Ragusa - Attualmente abbiamo 30 ragazzi, dieci anni fa erano il doppio ".L'inverno demografico, un minore coinvolgimento delle famiglie e dei giovani in parrocchia, l'incertezza diffusa tra i ragazzi su ciò che si vuole effettivamente fare; le cause della crisi sono tante. " Il seminario non è più assimilabile a un vivaio - commenta monsignor Gualtiero Sigismondi, presidente della commissione episcopale per il clero e la vita consacrata - Non ci si trova più davanti a degli adolescenti ma a dei giovani già strutturati. Il fatto che possano essere digiuni di vita ecclesiale e che vengano rimessi sui banchi di scuola dopo esperienze lavorative e sentimentali, non fa che peggiorare il quadro"."Ma la colpa è anche nostra - aggiunge don Silvio Sgrò - La chiesa dovrebbe sentire maggiormente questa responsabilità e accompagnare i giovani nella fase del discernimento. I ragazzi di oggi sono confusi, insicuri, spaventati davanti alle scelte impegnative. Prima si entrava in seminario a 18 anni, adesso a 29. Il fatto che arrivino persone più mature non è però un male. La scelta è più consapevole". I più giovani a volte sentono un peso "soffocante" addosso e abbandonano. "A un certo punto mi sono reso conto che non era la mia strada - racconta Carmelo Terrasi, 24 anni, oggi lavora come cameriere - Non è stata una scelta semplice, avevo uno tsunami dentro. Una mattina ho avuto chiaro che dovevo tornare a casa".
Fonte: La Repubblica