«Lei ha una rete familiare?»
, chiese infine l'operatore.
«No.».«Ok, abbiamo finito. Adesso il sistema… Oh!».«Che succede?».
Il terminale dell'operatore stava mostrando una strana schermata.«Ehm, forse l'ultima risposta che mi ha dato… vede, qui mi suggerisce di inviarla ai servizi sociali».«Ma dice sul serio?!», esclamò Mario sorridendo.

A Mario è successa una cosa strana, che poi tanto strana non è.
Ma facciamo un piccolo passo indietro.

Dopo una lunga carriera, l'azienda dove lavorava Mario ha chiuso i battenti a causa della crisi energetica di quest'anno. Già le cose non andavano bene per via della batosta arrivata con la pandemia, e ora con questa nuova crisi avevano ricevuto il colpo di grazia.

Mario ha poco meno di sessant'anni e si occupa di logistica. Bravissimo nel suo lavoro e in perfetta forma fisica. Ha provato ad inviare tanti curriculum ma senza successo, e così aveva deciso di provare anche a ottenere qualche supporto attraverso il Centro per l'Impiego.

E' lì che gli successe quest'apparente stranezza. Perché Mario assieme alla moglie e ai figli non aveva altri parenti vicini su cui poter contare, cioè quella “rete familiare” che chiedeva il sistema. Se avesse risposto “Si”, tutto sarebbe andato a posto. Perché da che mondo e mondo uno straccio di parente o persona amica che puoi considerare tale ce l'hanno tutti!

Quel che pensò Mario, offrendo al sua sincera risposta, fu la considerazione più autentica che la maggioranza di noi potrebbe ugualmente fare:«Si, ho parenti, amici, ma qui per “rete” il sistema intenderà solidarietà morale ed economica, da buon disoccupato che sono diventato. Sicuramente. Intende sicuramente questo! Perché è normale che i parenti li abbia. Li abbiamo tutti. Allora no. In quel senso di “supporto” direi che la risposta giusta è NO!».

E cos'altro poteva intendere il sistema? Mario aveva senz'altro ragione. E anche il sistema.

Chi ha sviluppato quella procedura ha senz'altro considerato il valore della solidarietà umana, specie tra parenti/amici, come uno dei grandi valori che la persona dovrebbe coltivare. Perciò se rispondi “No!” è come dire al sistema che non hai coltivato questo valore, o ti sei comportato in maniera da non meritarlo. E dunque non hai quella intesa “rete familiare” che potrebbe sostenerti e venire in tuo soccorso nei momenti di difficoltà.

E' logico! Il sistema non vuole limitarsi a dire “peggio per te”, o evitare del tutto di porre una così sconveniente domanda. Ti vuole aiutare sul serio (forse) rilevando che hai dei bisogni speciali, sei da servizi sociali, da psicologo. Diamine, non puoi essere rimasto senza “rete familiare”!
Però vorrei proprio conoscerla quest'anima “Pia” che ha fatto un ragionamento così prezioso e umano, non certo da “piatto di pasta” che in tavola non manca mai. Non ti aspetteresti di trovare in una fredda procedura informatica istruita da un operatore annoiato tanta considerazione per un valore che abbiamo sotterrato da tempo immemore.

Chi ha oggi la fortuna di avere una vera “rete familiare” come quella che intende il sistema. Chi glielo dice ai tanti Mario rassegnati che lo Stato ancora ci crede in questo valore. Proprio lo Stato, che con le sue pressioni su valori sbagliati ci ha condotti a questa frenesia; tale da non avere più tempo per coltivare la nostra sacrosanta “rete”. Anzi, quello che facciamo giornalmente è litigare per interesse. E in famiglia questo avviene in maniera addirittura efferata, inconcepibile, inaccettabile. Ma tant'è!

Ce l'ha insegnato proprio lo Stato a mandare la “rete” a farsi benedire dagli Dei “Interesse”, “Profitto” e “Denaro”!

«Guardi, facciamo così: proviamo a rispondere “SI”», suggerì l'operatore. «Tanto lei qualche parente ce l'ha, giusto?».«Beh, si che ce l'ho… Anche parecchi. Metta pure quel “SI”».«Perfetto. Mettiamo il SI… Ecco! Lo immaginavo. Ora è tutto a posto e non suggerisce i servizi sociali. Abbiamo finito!».«Fantastico. Grazie di tutto e buona giornata», rispose Mario visibilmente ilare.



base foto: Gerd Altmann da Pixabay