Politica

Mattarella a Ravenna per ricordare agli italiani (ignoranti) che cosa sia stato il fascismo

L’attacco alla sede della Federazione delle cooperative di Ravenna intendeva colpire il cuore del movimento di riscatto popolare del territorio, che era giunto a organizzare oltre 15.000 braccianti agricoli.Con esso si intendeva indebolire l’istanza di partecipazione democratica che si affacciava in modo sempre più vigoroso.La libertà dei corpi sociali di un Paese è elemento che contribuisce a sorreggere la vita democratica. Quando le formazioni intermedie vengono compresse, costrette al silenzio, è l’intera impalcatura delle libertà e dei diritti che viene compromessa.La cooperazione è stata ed è un soggetto della democrazia economica, un vettore di progresso. Una protagonista, insieme ad altri, di quel sistema produttivo e di servizi plurale che ha reso la nostra economia tra le più avanzate al mondo.Il fascismo la costrinse dentro le gabbie di uno Stato oppressivo e totalitario. La Repubblica le ha ridato libertà e respiro.La solidarietà, la centralità della persona, la crescita del lavoro come misura di dignità per ogni donna e ogni uomo, valori che ne sono alla base, alimentano la democrazia e hanno trovato nella Costituzione riconoscimento esplicito.È un’esigenza che va sempre avvertita, anche nelle condizioni inedite di un tempo che registra cambiamenti così veloci.La storia è parte di noi. Di ciascuno di noi come persona, di noi come comunità. È alle fondamenta della nostra cultura, dei nostri ordinamenti, dei valori in cui ci riconosciamo e che costituiscono l’asse portante della società contemporanea.La libertà di cui godiamo, la democrazia che è stata costruita, l’uguaglianza e la giustizia che la Costituzione ci prescrive di ricercare sono figlie di una storia sofferta e di generazioni che le hanno conquistate con dolore, sacrificio, impegno, consegnandole alla nostra cura affinché possiamo a nostra volta trasmetterne il testimone.È una lezione, quella di allora, di coraggio, di fiducia. È la coscienza di essere parte di una storia che continua, consapevoli anche dei momenti più oscuri e indegni vissuti e del loro superamento.La democrazia nasce da questa diffusa coscienza della responsabilità di ciascuno nella difesa delle comuni libertà.E’ stata – è - una conquista di popolo.A noi tocca rigenerarla ogni giorno, chiamando i più giovani a esserne protagonisti.E appaiono di grande significato, oggi qui a Ravenna, le parole poste dal presidente Luigi Einaudi nella motivazione della Medaglia d’oro al valor militare, conferita a questa Città per il contributo fornito alla Liberazione d’Italia.Con queste parole desidero concludere:“Memore delle lotte per l’Unità e per l’indipendenza e delle glorie garibaldine - recita la motivazione - la città di Ravenna scrisse nella storia del nuovo Risorgimento italiano pagine mirabili e da ricordare ad esempio per le future generazioni”.

Così, quest'oggi a Ravenna, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concluso il suo intervento in occasione della cerimonia commemorativa del centenario dell’assalto fascista alla locale sede della Federazione delle Cooperative.

Qui a Ravenna - aveva iniziato i suo discorso Mattarella - oggi ricordiamo, come abbiamo fatto questa mattina con gli interventi che abbiamo ascoltato e che ringrazio, una pagina di violenza, di devastazione e di morte, nel capitolo della nostra storia che avrebbe portato alla perdita della libertà per gli italiani, con l’avvio della stagione buia della dittatura fascista, nell’agonia dell’ordinamento monarchico-liberale.La pianura padana, in quegli anni, era divenuta teatro del disordine e della violenza delle bande fasciste, sostenute dagli ambienti agrari, contro le rivendicazioni del movimento contadino che si era dotato di solide organizzazioni, a partire dalle cooperative.E proprio contro le cooperative si sfogò la rappresaglia dei gruppi guidati da Italo Balbo e Dino Grandi, esponenti dell’ala oltranzista del fascismo.L’assalto alla sede della Federazione delle cooperative di Ravenna si inseriva nelle scorrerie delle carovane che percorrevano la pianura padana e, dalle campagne e dai centri minori, puntavano alla conquista delle città e all’abbattimento delle amministrazioni locali liberamente elette dai cittadini.Il raid nel pieno centro della città, non era, certo, la prima violenza registrata in Romagna, come abbiamo visto nel filmato e abbiamo ascoltato negli interventi. La sconfitta elettorale registrata a Ravenna dal Blocco nazionale, in cui si ritrovava il fascismo, alle elezioni parlamentari del maggio 1921, condusse - nonostante il patto di pacificazione sottoscritto tra socialisti e fascisti alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati, Enrico De Nicola, il 3 agosto 1921 - a una “marcia” su Ravenna a settembre dello stesso anno, con la devastazione della Camera del lavoro.Il precedente più immediato era stato quello degli scontri – con diversi morti - avvenuti nel corso dello sciopero generale indetto il 26 luglio 1922, riguardo al ruolo del sindacato fascista a Ravenna, in contrapposizione alle organizzazioni del lavoro e della cooperazione.Da settimane i manipoli fascisti facevano razzie, incendiavano, assassinavano, terrorizzavano i paesi del circondario.Su Ravenna erano confluiti centinaia di squadristi armati dalle province di Ferrara e di Bologna. Si voleva - laddove non si era riusciti con il voto - soggiogare con la violenza la città, culla della cooperazione socialista e repubblicana, per conquistare definitivamente la Romagna.Italo Balbo nella sua strategia eversiva – d’intesa con il suo referente Dino Grandi e con i vertici del partito fascista - univa la distruzione di circoli, di cooperative, di case del popolo, di spacci di consumo, a obiettivi politici ulteriori.A Ravenna uno degli obiettivi più importanti era quello di spezzare la convergenza, l’unità d’azione in campo sindacale e cooperativo, tra socialisti e repubblicani.

Insomma, i fascisti erano assassini al soldo degli agrari e degli industriali. Una volta istaurata la dittatura, hanno allargato il loro campo d'azione a tutti gli italiani... che non erano iscritti al fascio e non partecipavano alle adunate. Questi erano i nazionalisti di un tempo celebrati dai nazionalisti odierni che, per ipocrita vigliaccheria, si definiscono "conservatori"... come se i tories britannici avessero qualcosa a che spartire con le macchiette stile Meloni e i suoi seguaci che tappezzano le sedi di partito con simboli del ventennio e manifesti inneggianti alla decima mas.

Bene ha fatto Mattarella a ricordare agli ignoranti d'oggi - tra cui quelli che si beano degli slogan del ventennio come dio, patria e famiglia - cosa sia stato il fascismo e chi fossero in realtà i fascisti: una misto tra pagliacci e delinquenti assetati di potere... e di denaro.

Autore Carlo Airoldi
Categoria Politica
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