Tra un selfie e l'altro, sempre in costante campagna elettorale, Matteo Salvini non ha ancora commentato, da segretario della Lega, le motivazioni dei giudici della Corte d’appello di Genova, depositate lunedì in relazione alla sentenza che ha condannato in secondo grado Umberto Bossi e Francesco Belsito per aver truffato il Parlamento ed aver permesso alla Lega di ottenere 49 milioni di euro.

I 49 milioni di euro, già proprio quelli, che adesso in seguito alla pubblicazione delle motivazioni parrebbero nuovamente tornare alla ribalta della cronaca politica.

Infatti, nelle motivazioni è indicato chiaramente che tutto ciò che entrerà, direttamente o indirettamente, nelle disponibilità della Lega dovrà essere confiscato finché non si arrivi a recuperare la cifra di 49 milioni, della quale sono stati recuperati ad oggi poco più di 3 milioni di euro.

"È superfluo accertare se la massa monetaria percepita quale profitto o prezzo dell’illecito sia stata spesa, occultata o investita - è scritto nelle motivazioni, - ciò che rileva è che le disponibilità monetarie, in questo caso del partito politico, si siano accresciute di quella somma, legittimando quindi la confisca in forma diretta del relativo importo".

Ma c'è di più, visto che lo Stato deve tornare in possesso anche delle "somme di denaro che sono state depositate o che verranno depositate su conti correnti intestati o comunque riferibili al predetto movimento politico successivamente alla data di notifica ed esecuzione del decreto di sequestro preventivo, emesso il 4 settembre 2017".

A motivare il giudizio è il fatto che la Lega non abbia mai volutamente rendicontato le uscite di denaro per le spese private, soprattutto di Bossi, cercando anzi di occultarle nei bilanci. Inoltre, il denaro è stato incassato anche sotto le gestioni di Roberto Maroni e Matteo Salvini. Curiosamente la Lega si è dimenticata oltretutto di costituirsi parte civile come soggetto danneggiato contro Bossi e Belsito.