Valutando l’ecclesiologia di Sopoćko, riscontriamo sempre il pensiero cristocentrico. Infatti, Gesù Cristo vivendo nella duplice natura, divino-umana, ovviamente nell’unità dello Spirito, unisce la Chiesa a quella relazione viva, reale e piena con il Padre delle misericordie[1]. Perciò, notiamo che la liturgia della Chiesa è indubbiamente un’opera umano-divina. La realizzazione di quest’opera fu possibile grazie all’iniziativa libera e misericordiosa di Dio, cioè: l’incarnazione del Verbo, la Redenzione e il dono dello Spirito Santo. Pertanto, diremo che l’azione liturgica instaura una relazione visibile e vivente degli uomini con il Dio Trinità[2]. La manifestazione visibile della “relazione vivente” con la Trinità, sempre resa possibile soltanto da Gesù Cristo - Summus Sacerdos, è la comunione dei fedeli che celebrano i misteri liturgici attorno al proprio Vescovo. In tal modo, mentre i fedeli rimangono in “questa comunione” e attendono la parusia, possono pregustare già la partecipazione alla liturgia celeste della Nuova Gerusalemme[3]. Un brano rilevante tratto dal Diario del Nostro sull’Eucaristia, che rivela la misericordia della Trinità, non può restare inosservato, infatti dice:

 «Sii benedetta o Santissima Trinità e inseparabile unione - esaltiamola perché ci dimostra la misericordia. Così inizia la Santa Messa. Non solo per insondabile misericordia dobbiamo lodare la Santissima Trinità, ma anche per la sua sussistenza superiore, la quale non possiede né inizio né fine della maestà di misericordia infinita»[4].

 La sussistenza superiore, di cui parla Sopoćko, corrisponde a “un movimento verticale” dal Padre alla comunità del Padre. Perciò la Santa Messa pone anzitutto i battezzati in rapporto al Padre delle misericordie. Nel rapporto con il Padre, i fedeli vivono di “una duplice relazione”: dal Dio Padre ai figli adottivi e dai figli adottivi al Padre. Senza dimenticare che il Padre è l’unica sorgente di ogni dono perfetto (cf. Gc 1,17), colui che prende “l’iniziativa libera della misericordia” e manda il Figlio unigenito  e lo Spirito-Amore[5]. In altre parole, diremo che solo «il Padre è la gratuità irradiante della misericordia, l’Amante eterno, che ama da sempre ed amerà per sempre, né sarà mai stanco di amare gli uomini»[6]. 

Notiamo che il Nostro presenta la liturgia della Chiesa come lo spazio e il tempo in cui tutti gli uomini possono riconoscere “l’avvento nuovo della misericordia”, eterna e sempre fedele. Poiché tutto viene dal Padre delle misericordie, la preghiera liturgica diventa “accoglienza”, il “posto privilegiato d’attesa” alla parusia nel centro della storia. L’uomo che prega mantiene l’unione con la Trinità e si lascia amare da Dio. L’uomo che prega e si sforza di sostare incessantemente davanti alla gratuità dell’amore del Padre, si lascia inondare il cuore, la mente e tutta la vita dall’eterna misericordia. Il pregare dell’uomo durante la celebrazione liturgica è anzitutto “ricevere” e “attendere il dono prezioso dall’alto”. A questo punto, possiamo affermare che Dio stesso agisce e opera nella liturgia della Chiesa. Ogni uomo è chiamato a stare in semplicità e in umiltà dinanzi a questo grande mistero dell’amore. In questo senso, la liturgia diventa l’esperienza unica e silenziosa di Dio, in cui gli uomini si possono lasciare “coprire” dalla misteriosa presenza divina[7]. 

Un altro aspetto della liturgia è che si compie “per” il Figlio eterno, “con” Lui e in unione a Lui - Summus Sacerdos della “nuova ed eterna alleanza”. Il Padre è la sorgente inesauribile della vita e dell’amore misericordioso. Il Figlio - “l’eterno Amato”, è colui che accoglie eternamente quest’amore misericordioso, si lascia inviare dal Padre nel mondo per salvare l’umanità dalla morte spirituale, soffre e muore sulla croce, per essere colmo di Spirito nel giorno della sua gloriosa risurrezione[8].  Pregare “per” il Figlio eterno, vuol dire entrare “nel mistero profondo dell’accoglienza divina” fondata sull’eterna misericordia. In questa misteriosa, ma nello stesso tempo reale “accoglienza divina”, gli uomini possono diventare più docili, più misericordiosi ed accoglienti verso il mondo e tutta la Chiesa. Osserviamo anche, che “l’accoglienza divina” contiene le due dimensioni essenziali in relazione al Figlio. La prima dimensione consiste nell’imitazione di Cristo, la seconda, invece, nella coerenza tra fede e vita[9]. In effetti, tutte due le dimensioni sono la parte integrante della preghiera liturgica che suscita “nell’uomo orante” l’imitazione, la coerenza tra la vita e la fede in Cristo[10]. 

Don Gregorio Lydek - ks. prof. Grzegorz Lydek


 
[1] Cf. H. Ciereszko, Ksiądz Michał Sopoćko Apostoł Miłosierdzia Bożego, p. 16. 
[2] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, pp. 43-47.
[3] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, p. 255.
[4] Dz., q. III, p. 208.
[5] Cf. M. Sopoćko, Zaufałem Twojemu Miłosierdziu, p. 12.
[6] D. Zanella, Alle sette Chiese. L’Apocalisse epifania della speranza, Paoline, Milano 2004, p. 144.
[7] Sopoćko sottolinea l’importanza dei “tempi di silenzio” nella celebrazione eucaristica: cf. M. Sopoćko, Dar Miłosierdzia, pp. 48-50.
[8] Cf. ibidem, p. 47.
[9] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, pp. 235-237.
[10] Cf. Dz., q. III, p. 201.