Era l'inizio degli anni '80 e le mie fotografie a colori avevano avuto importanti riconoscimenti anche all’estero. In quegli anni di solito si iniziava a fotografare in bianco e nero per poi successivamente passare al colore; io invece feci il contrario. In quel periodo incontravo spesso alle mostre ed agli eventi di fotografia, Ken Damy, uno dei maggiori promotori, insieme a Lanfranco Colombo, della fotografia italiana nel mondo.
Ken che aveva una galleria e un Museo della Fotografia a Brescia, mi propose di esporre nei suoi spazi, però desiderava un mio lavoro totalmente nuovo, anzi completamente diverso da tutto quello che avevo realizzato e si era visto fino ad allora: voleva un lavoro inedito in bianco e nero. Per me era una grande sfida che avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque.
Ma poiché io amo le sfide, soprattutto quelle con me stesso, senza esitare accettai. Fino ad allora mi ero confrontato con tagli geometrici e colori saturi che conoscevo bene, come potevo reinventarmi con immagini monocromatiche? Seguendo le orme di alcuni grandi fotografi che amo molto e che per me sono tra i precursori e i pionieri della fotografia di ricerca, come: Bill Brandt o Irving Penn, optai per un bianco e nero più duro e contrastato, con neri profondi, e cieli scuri, che danno vita a composizioni pregne di atmosfere e cariche di mistero.
Realizzai così questo lavoro con una fotocamera “Hasselblad 500 CM” che mi fu regalata insieme a vari obiettivi e altro materiale direttamente dalla Hasselblad di Götebor. La mostra era intitolata 'Magic Weekend', e l’ho esposta appunto per la prima volta a Brescia riscuotendo un notevole consenso.
Mi aiutò Maria Grazia, la mia prima moglie, che fece da modella in alcuni scatti. Da quella esperienza iniziò la mia passione per il bianco e nero con il quale tuttora continuo a lavorare. Quindi devo sicuramente ringraziare Ken Damy, perché mi ha spinto e incoraggiato a trovare nuove possibilità espressive che altrimenti, non so se avrei mai cercato e provato.
Ringrazio anche la mia fotocamera “Hasselblad 500 CM” che da allora non ho più lasciato.
Augusto De Luca