Abbandonato il decreto famiglia, i 5 Stelle puntano adesso al salario minimo senza però accorgersi che...
I 5 Stelle, se qualcuno non se ne fosse ancora accorto sono una forza politica ormai alle corde. E l'aspetto più paradossale di tale situazione è che sono loro stessi ad esserci finiti, da una parte sdoganando e promuovendo le politiche di odio razziale della Lega, dall'altro finendo per essere travolti dall'autoreferenzialità dietro cui hanno blindato la loro inesperienza e la loro incapacità.
Ultima vicenda a riprova di ciò è quella che riguarda il salario minimo, ennesima nuova bandiera che i grillini hanno issato come provvedimento imprescindibile per la prosecuzione dell'attuale esecutivo, dimenticandosi però che alla stessa maniera, solo qualche settimana fa, si erano espressi a favore di un reddito pro famiglia, di cui però si sono già dimenticati.
Nel fine settimana, i 5 Stelle se la sono presa con Maurizio Landini, colpevole a loro dire di non sapere o di far finta di non sapere che ci sono italiani che vengono sfruttati dai propri datori di lavoro: «Landini lo sa o fa finta di non sapere che ci sono italiani che percepiscono uno stipendio da fame da 2-3 euro l'ora? Noi vogliamo mettere la parola fine a questo schifo con una nuova legge sul salario minimo: stop a stipendi inferiori a 9 euro l'ora».
Il problema dei 5 Stelle, però, è che da settimane, se non addirittura da mesi, non riescono a rispondere, in relazione all'argomento, al problema che i sindacati hanno sollevato. Problema riassunto dall'esponente del Partito Democratico, Cesare Damiano, anche lui meritevole di essere stato definito nemico del popolo perché contrario all'approvazione del salario minimo.
Questa la risposta di Damiano (pubblicata sul giornale del Pd) alle accuse ricevute da Di Battista sul tema salario minimo:
«L'abituale volgarità con la quale Di Battista svolge le sue rudimentali argomentazioni non meriterebbe alcuna attenzione. Ma la sua arroganza e ignoranza mi sollecitano una risposta.
Immagino che il soggetto, reduce da un meraviglioso tour da "turista per caso", non abbia mai visto un operaio in vita sua e non sappia che cos'è un regolare contratto di lavoro (forse in famiglia se ne intendono di più di lavoro nero). Confondere, come fa lui, il "salario minimo di legge" con la giusta retribuzione di un operaio, cioè quella prevista da un contratto, vuol dire non sapere di cosa si parla. Peggio.
Di Battista dice: "Per Damiano 1.500 euro lordi per un metalmeccanico sono troppi…". Si vede che il nostro ha inconsapevolmente confessato che quel "minimo di legge" è destinato a sostituire i contratti di lavoro che danno e costano molto di più. Sarebbe un regalo alle imprese (a proposito di chi, cito l'elegante interlocutore, "lecca il sedere a Confindustria"). Il rischio di un salario "minimo di legge" sproporzionato, rispetto al "salario medio" di 11 euro esistente in Italia, è proprio questo: la fuga delle aziende dal sistema contrattuale per schiacciare solo sui 9 euro il costo del lavoro.
Confondere il salario minimo con la giusta retribuzione e le giuste tutele contrattuali è pericoloso e delittuoso. Vogliamo che i lavoratori corrano il rischio di perdere i contratti per avere una paga oraria di 9 euro senza diritti? Ferie, tredicesima, Trattamento di Fine Rapporto, tutela per malattia, maternità, infortunio, permessi e festività retribuiti, scatti di anzianità, avanzamento professionale, previdenza e sanità complementari, premio di risultato e welfare aziendale a Di Battista non interessano?»
Quanto sopra riportato, con i precisi rilievi di Damiano spiega perfettamente i problemi del Movimento 5 Stelle ed il perché, adesso, stanno perdendo consensi.