Con sentenza n. 28 del 27 gennaio 2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione del c.d. voucher. Secondo la Corte, l’evoluzione dell'istituto del lavoro accessorio, ha superato i caratteri di occasionalità del lavoro, che originariamente doveva regolamentare e, invece, lo ha reso alternativo a tipologie regolate da altri contratti di lavoro e quindi non necessario.
La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità della richiesta di referendum popolare per l’abrogazione degli articoli 48, 49 (modif. dal D.Lgs. n. 185/2016) e 50, del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ovvero il c.d. Jobs Act.
In particolare, le disposizioni oggetto del quesito referendario disciplinano l’istituto del «lavoro accessorio», introdotto dal Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Riforma Biagi).
Attraverso i successivi interventi normativi, l’originaria disciplina del lavoro accessorio, quale attività lavorativa di natura meramente occasionale, limitata, sotto il profilo soggettivo, a particolari categorie di prestatori ( studenti, casalinghe ecc.), e, sotto il profilo oggettivo, a specifiche attività ( lavori stagionali agricoli ecc.), ha modificato la sua funzione di strumento destinato, per le sue caratteristiche, a corrispondere ad esigenze marginali e residuali del mercato del lavoro. Questa modifica, come afferma la Corte, appare già emblematica dal cambiamento della denominazione della rubrica del Capo II del Decreto Legislativo n. 276 in cui risultano inserite le originarie previsioni normative («Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti») rispetto a quella recata dal Capo VI del Decreto Legislativo n. 81/2015, («Lavoro accessorio»), nel quale sono inseriti gli articoli di cui si chiede l’abrogazione, in quanto viene a mancare qualsiasi riferimento alla occasionalità della prestazione lavorativa quale requisito strutturale dell’istituto.