"... Tra le Compagnie che si erano riordinate, si faceva un gran parlare dell'importanza del fatto; qua e là in quel campo ci parevano dei piccoli Parlamenti. Quelli che avevano sentito Garibaldi, quando aveva detto a Bixio: "Qui si fa l'Italia o si muore," commentavano le solenni parole, e pareva proprio a tutti di sentirsi piantato in cuore che il fatto d'armi, piccolo in sé, era già come un'ultima battaglia risolutiva, da combattersi ancora sì, non si sapeva dove né quando, ma già vittoriosi. E ciò voleva dire l'Italia fatta sin da quel giorno, su quel colle. ..."

Così, dopo la vittoria nella battaglia di Calatafimi, scriveva Giuseppe Cesare Abba nella "Storia dei Mille", il libro in cui ricucì i fatti da lui narrati come in un diario nel libro "Da Quarto al Volturno", integrando le testimonianze vissute come uno dei mille con le cronache della storia che, al tempo, non poteva o non aveva avuto modo di conoscere.

"Qui si fa l'Italia o si muore"

è la frase ripetuta da Giorgia Meloni, in collegamento da Palazzo Chigi, rivolta ai post-fascisti milanesi, riuniti per lanciare la campagna elettorale per le prossime regionali della Lombardia.

"Prometto - ha detto Meloni - che il mio obiettivo è lasciare questo paese migliore di come l'ho trovato".

Qui si fa l'Italia è un'espressione che la Meloni aveva già usato cinque anni fa, nel febbraio del 2018, anche allora in occasione di un evento sempre organizzato a Milano... forse influenzata dalla memoria del sansepolcrismo, in relazione all'atto di nascita del fascismo quando nel '19 Mussolini ne enunciò i principi fondativi.

L'Italia repubblicana è già stata fatta e non deve esser fatta di nuovo, a meno che l'Italia a cui la Meloni fa riferimento non sia un'Italia fascista. L'Italia repubblicana ha una Costituzione che chiede solo di essere applicata in tutti i suoi punti... a partire dall'esser fondata sul lavoro e non sui lavoretti, sul lavoro nero o sulla schiavitù camuffata da lavoro.

Il guaio è che quanto fatto o annunciato finora dalla post-fascista Meloni è l'esatto contrario di ciò che la Costituzione afferma, in tema di tutele, di fisco, di giustizia, di diritti, di accoglienza, di riforme... 

Pertanto, se la garibaldina Meloni dovesse morire, e pure in tempi rapidissimi, nessun democratico e italiano vero ne sentirebbe la mancanza. Per i soliti cretini pronti a gioire per la possibilità che anche un solo migrante non possa esser salvato dall'annegare nel Mediterraneo, si precisa che la morte sperata va ovviamente intesa in senso politico.

 E parlando di morte, non si poteva non ricordare che oggi la presidente del Consiglio compiva il suo 46esimo genetliaco.

"Grazie a tutti per i messaggi di auguri", ha detto. "Non so se ci sia da festeggiare, ma c'è sicuramente un augurio che voglio fare io a me stessa. Mi auguro di non farmi spaventare dalla mole dei problemi, di non farmi ammaliare dalle sirene del potere, di non farmi convincere da un sistema che non condivido. Mi auguro di essere audace, concreta, veloce e coraggiosa. Di guardare sempre a quello che è giusto per l'Italia. In breve, mi auguro di non deludere chi ha creduto in me, e nella possibilità che l'Italia tornasse la grande Nazione che merita di essere. E non lo farò, costi quel che costi".

Naturalmente, chi è sinceramente democratico farà di tutto perché la Meloni e i suoi post-fascisti non possano portare a termine il loro progetto. Costi quel che costi.