Cultura e Spettacolo

Parlare in pubblico: un dono di natura o una conquista?

In tutti i tempi, l’arte dell'espressione orale ha dato a grandi uomini la possibilità di farsi conoscere, di fare conoscere le proprie idee ed anche di divulgare quelle degli altri.

Oratori dell'antichità, tribuni romani, narratori del Medioevo, rivoluzionari di ogni epoca e ispirazione, avvocati di ogni tendenza: tutti da Demostene a J.F. Kennedy, passando per Danton, Savonarola, Cromwell, Lenin e Mussolini, hanno saputo padroneggiare tale risorsa.

Gesù fu un vero e proprio maestro nel parlare in pubblico e ovunque lo facesse attirava grandi folle. 

Quanti di noi si sono trovati ad ascoltare dibattiti dai contenuti interessanti ma esposti da personaggi pigri, monotoni e tediosi; la nostra attenzione è stata duramente messa alla prova. Solo quando nel dibattito s’inseriva una persona con capacità oratorie migliori, riprendevamo in pieno la nostra capacità di ascolto. 

E quando capita a noi di essere davanti ad un auditorio, quale sarà il livello della nostra performance? 

Ognuno di noi, nella propria vita professionale o in quella privata, può trovarsi a dover parlare in pubblico. 

E’ nel momento in cui dobbiamo prendere la parola che possiamo sentirci improvvisamente vittime di blocchi o inibizioni. La paura degli altri rende più difficile la comunicazione. Senza parlare del tossire, del ripetere troppo spesso le stesse parole, gli ehm....ooo, le braccia inerti, lo sguardo fuggente, le mani sudate, le guance rosse, la fronte imperlata di sudore. In una parola: il panico. 

Dobbiamo sapere che il panico non è altro che una manifestazione  esteriore di una considerevole energia. 

Avere un po’ di panico significa che non possiamo o che non sappiamo come incanalare quell'energia che è in noi. Allora questa energia si manifesta in modo disordinato e provoca tutti gli effetti sopra descritti. 

Per trasmettere il nostro messaggio in modo efficace, dobbiamo imparare a canalizzare il nostro panico. In che modo? 

Con gesti appropriati e coscienti, con una respirazione controllata, con il sorriso (18 muscoli del viso lavorano per sorridere), con il nostro tono della voce. 

Le parole sono il nostro primo strumento. Siamo chiari e precisi nella scelta dei termini, utilizziamo frasi corte con una struttura semplice. 

Autore Boracchi Gianluigi
Categoria Cultura e Spettacolo
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