Non è maltempo, ma crisi climatica: per combattere le inondazioni restituire spazio ai fiumi e fermare il consumo di suolo
Ricomincia a piovere e i fiumi del nord Italia sono subito sotto stress. È allerta in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Per fortuna le tanto attese casse di espansione, come quella sul Parma, sono state attivate riducendo i picchi delle piene. Non è successo così sul Seveso, dove le diverse casse di espansione previste non sono ancora state concluse, determinando esondazioni e danni: uno scenario ormai ricorrente per tutto il territorio a Nord-Ovest di Milano.
È anche importante evidenziare come il Seveso sia un torrente il cui alveo negli ultimi 50 anni è stato drasticamente ristretto e un drammatico consumo di suolo (soprattutto nel tratto a Nord di Milano) abbia cancellato tutte le possibili aree di esondazione naturale: il corso d'acqua non solo non ha più spazio per espandersi naturalmente, ma raccoglie tutte le acque che l'impermeabilizzazione dei centri urbani non consente di trattenere. In questo modo l'ondata di piena viene ulteriormente incrementata, con gravi conseguenze a valle. A tutto questo si è aggiunto un lungo periodo di caldo e siccità che ha ridotto la permeabilità del suolo limitando la capacità di assorbimento.
Le casse di espansione, progettate in diversi comuni delle regioni colpite dalle forti precipitazioni, costituiscono una prima azione per ridare sicurezza ai nostri territori, ma è necessario fare molto di più. In un contesto così urbanizzato è necessario promuovere piani di drenaggio urbano sostenibile, come timidamente da qualche parte si è iniziato a fare, come ad esempio alcuni interventi localizzati a Milano.
Quello che sta succedendo è l'ulteriore prova della necessità di avviare interventi di diffusi di rinaturazione per contribuire a trattenere le acque e a favorire la ricarica delle falde. Per questo motivo il progetto di rinaturazione del Po, unico di questo genere nel PNRR, deve essere portato avanti con celerità e deve essere replicato in molti altri fiumi italiani, favorendo un adeguato adattamento al cambiamento climatico. Ripristinando i servizi ecosistemici dei fiumi (riduzione del rischio idrogeologico, assorbimento CO2, recupero della capacità autodepurativa, contributo alla ricarica delle falde) si possono anche attenuare le conseguenze del cambiamento climatico, ferma restando la necessità di abbattere le emissioni di gas serra di origine umana. Recuperare, ovunque possibile, le fasce fluviali lungo i corsi d'acqua vuol dire restituire al fiume quella funzione di “spugna” che consente di trattenere le acque e ricaricare le falde durante le alluvioni e di restituire parte di esse durante i periodi di siccità.
Fonte: comunicato stampa WWF Italia