Il 14 novembre ricorrevano tre mesi dal giorno in cui il Governo italiano aveva ufficializzato il ritorno del proprio ambasciatore in Egitto in conseguenza dei "passi in avanti" fatti nella collaborazione della procura del Cairo con quella di Roma, in relazione alla soluzione del caso relativo alla morte di Giulio Regeni.

Nell'occasione, Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, ha chiesto con una lettera - ed anche dagli schermi tv tramite la trasmissione Rai Uno Mattina - al primo ministro Gentiloni e al ministro degli Esteri Alfano "se vi siano novità relative alla ricerca della verità sull’uccisione di Giulio Regeni".

Infatti, finora, quali siano stati questi passi in avanti concreti che hanno permesso all'Italia di riallacciare ufficialmente i rapporti diplomatici con l'Egitto nessuno lo ha capito.

Marchesi ha anche chiesto al governo quale sia stata la risposta dell’Italia alla convocazione del proprio ambasciatore – oltre a quelli di Canada, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito – da parte del ministero degli Esteri egiziano per esprimere l'indignazione di quel paese per quella che è stata definita una "interferenza inaccettabile ed evidente", cioè l'aver espresso preoccupazione per la sorte dell’avvocato per i diritti umani Ibrahim Metwally, detenuto da metà settembre.

Marchesi, infine, ha sollecitato il governo a "condividere notizie sulla figura di supporto tecnico alle indagini sulla tortura e l’uccisione di Giulio Regeni. Tale figura, di cui era stato dato annuncio dalla Farnesina il 14 agosto, contestualmente a quello del ritorno dell’ambasciatore ai Cairo, non risulta presente al Cairo e presumibilmente neanche ancora nominata".